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I sogni pazzi di Pierluigi Battista

Andrea Mercenaro

Anche quando dorme, non dimentica il bene del paese

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Pigi Battista, anche quando dorme, non dimentica il bene del paese. Lo confessa lui stesso: “Ho fatto un sogno”, ha scritto ieri. Orpo, ti dici, e cos’avrà sognato? Ballerine? Una scappatella con Bar Rafaeli? Degli orchi, vedi mai? Macché. Non contento di pensarci tutto il giorno, e tutti i giorni, Pigi si dedica anche di notte a un’idea fissa che è questa: “Quelli che hanno perso le elezioni, il Pd soprattutto, analizzino finalmente la sconfitta smettendola di inveire contro il destino cattivo”. Non riesce ad accettare, benedetto figliolo, che nulla sia più sfibrante del voler fare analizzare una cosa a qualcuno il quale, o pensi di aver già svolto l’analisi, per quanto lo neghi Pigi, o proprio se ne sbatta di analizzarla. Niente. Da mezzanotte all’alba, mentre noi si riposa, egli comunque vigila: “Ma è stata una disfatta, una catastrofe, un’apocalisse”. E si rigira, e suda, e manda giù un po’ d’acqua. E quegli altri? Zitti. Ma molto peggio che zitti: vacui coi loro gufi. Allora, giustamente, Pigi in sogno impazzisce. Inveisce, si danna, s’involtola e s’incazza all’idea che il suo compasso nuovo, così preciso, non riesca a disegnare gli angoli com’era scritto nella garanzia. Sentendoci così protetti: “Franca, che ore sono?”, la strascichiamo noi. E nell’attesa di un sogno di Mieli, che figurarsi poi se quello sogna, ci rigiriamo ancora un po’ di là.

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