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Vezzeggiativi ingannatori

Andrea Mercenaro

Casettina, per esempio, oltre com’era rispetto a casina, un suo senso l’aveva; ma poi, da ragazzino, ragazzinetto non si poteva dire. E poi penso matta e...

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Ma ve la ricordate l’importanza che l’insegnante delle elementari dava ai sostantivi? E al loro corollario, le alterazioni, vale a dire i peggiorativi, gli accrescitivi, con diminutivi e vezzeggiativi al seguito? Sembrava facile. Poi c’erano gli ingarbugli. Casettina, per esempio, oltre com’era rispetto a casina, un suo senso l’aveva; ma poi, da ragazzino, ragazzinetto non si poteva dire. O il cane. Dove canino esiste, ma è un dente. Cagnolino, piuttosto, o cagnolina, per dire di quant’è bellino/a. Mentre cagnetto, certo che va bene anche cagnettto, ma se ne intende che è piccolo, che può far tenerezza. Pure carino, questo non è detto. E come non bastasse, i falsi accrescitivi: botto e bottone, bullo e bullone, veglio e veglione. I falsi diminutivi: caso e casino, mulo e mulino. I falsi peggiorativi: foca e focaccia, polpo e polpaccio. Perfino i cambi di genere: botola e botolo così come, a collo, mai potrebbe corrispondere colla. Quanto ai vezzeggiativi ingannatori, con i loro indicibili gazza e gazzella, stampa e stampella, salvia e salvietta, gazza e gazzetta, quelli apparvero da subito i più delicati. E ancora lo restano. Tutt’oggi a me, per dire, sarà poi perché sono impolitico, sento matta e qualcosa mi dice, laddove Mattarella mai una sega.

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