Houellebecq e l'espianto del Bordeaux

Edoardo Narduzzi

Sopravviverà la vitis vinifera, portata fino sulla foce della Gironda dalle legioni romane, alla “Soumission” della Francia all’islam? Michel Houellebecq nel suo ultimo romanzo non si preoccupa del destino dei grandi rossi transalpini.

Sopravviverà la vitis vinifera, portata fino sulla foce della Gironda dalle legioni romane, alla “Soumission” della Francia all’islam? Michel Houellebecq nel suo ultimo romanzo non si preoccupa del destino dei grandi rossi transalpini, messi più a rischio di ogni altro prodotto gallico dall’avanzata musulmana verso il cuore della cultura francofona. Nell’islam non si bevono alcolici, men che mai i Grand Cru classificati da quasi tre secoli. Rischiano, quindi, l’espianto, la fine per estinzione da non consumo, le vigne bordolesi che da decenni hanno reso celebre la Francia nel mondo. Tempi bui a Bordeaux  e dintorni, come certificano i prezzi nel 2014 del Merlot più iconico della regione, lo Châteaux Pétrus. Perdite medie del 20 per cento per le varie annate andate in asta lo scorso anno che in alcuni casi hanno rasentato il tracollo: meno 59 per cento per il millesimo del 1989; meno 66 per il 1995; meno 60 per il 2008. Una disfatta che non ha risparmiato neppure le annate più recenti del rosso bordolese che registra il terzo anno consecutivo di ribasso. Fine di un mito? Il prezzo di 5.500 euro spuntato dall’etichetta del 1982, il più alto dell’anno, lascia capire come Pétrus viaggi ancora in una galassia privilegiata dell’enologia mondiale: solo sei annate delle 34 battute nel corso del 2014 sono state scambiate a un prezzo per bottiglia inferiore ai mille euro.  Ma lasciare sul terreno ribassi a doppia cifra in epoca di piena globalizzazione dei consumi segnala uno stato di salute quantomeno cagionevole. Come la Francia condotta da Hollande sul ciglio del suo declino repubblicano.

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