Al bar di Alibaba

Edoardo Narduzzi

Alibaba, il marketplace digitale più importante della Cina, ha sbancato Wall Street. La capitalizzazione di Borsa ha raggiunto i 230 miliardi di dollari collocando la creatura di Jack Ma sul podio delle società mondiali della tecnologia che valgono di più.

Alibaba, il marketplace digitale più importante della Cina, ha sbancato Wall Street. La capitalizzazione di Borsa ha raggiunto i 230 miliardi di dollari collocando la creatura di Jack Ma sul podio delle società mondiali della tecnologia che valgono di più. E’ uno dei tanti simboli che segnalano la rincorsa di Pechino al primato economico di Washington. Decidendo di quotarsi in questo momento Alibaba ha anche offerto una risposta indiretta ai (molti) preoccupati del livello raggiunto dagli indici azionari che non si stancano di segnalare il pericolo di nuove bolle. E, per chi fosse convinto che il rialzo borsistico sia destinato a continuare, prendere in considerazione l’ipotesi d’investire una parte consistente del proprio patrimonio in “fine wine” – cioè nelle etichette più prestigiose al mondo – è oggi un vero must. In piena crisi, tra gennaio 2007 e dicembre 2013, il Liv-ex fine wines investables, che include 200 etichette internazionali tra le quali quelle di 24 châteaux top di Bordeaux, ha offerto un rendimento annuo del 7,23 per cento, molto meglio dell’1,47 dell’indice azionario mondiale Msci e del 3,13 dell’equivalente indice obbligazionario. La correlazione con le azioni, poi, è molto positiva, significa che il prezzo dei vini sale quando salgono le borse. Risultato: il rendimento di un portafoglio conservativo composto all’80 per cento da obbligazioni e per il 20 da azioni blue chip vede accrescere il suo rendimento al crescere del peso dei vini pregiati. Con un 5 per cento di “fine wine” in portafoglio il rendimento è stato del 65, ma con una percentuale di vino salita al 50 si è arrivati al 348 per cento. Non c’è solo Alibaba per fare correre i guadagni.

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