Sacchetti biodegradabili - Foto LaPresse

Cul de sac

Andrea Ballarini

Con il 2010 finiscono anche i sacchetti di plastica del supermercato, perlomeno come li conosciamo, nel senso che verranno sostituiti da sacchetti biodegradabili.

Con il 2010 finiscono anche i sacchetti di plastica del supermercato, perlomeno come li conosciamo, nel senso che verranno sostituiti da sacchetti biodegradabili con buona pace degli oceani. Era tempo che il governo temporeggiava con le lobby della plastica tirando in lungo un provvedimento che era da prendere da anni. Invece questa volta ha deciso, finalmente. 

Inutile dire quanto l'ambiente ne gioverà, visto che ogni anno in Italia si producevano ventiquattro miliardi di sacchetti di plastica utilizzati nella stragrande maggioranza dei casi solo per pochi minuti dal supermercato a casa propria. Inutile dire quanto ne gioverà anche il mio personalissimo stile di vita che, grazie al cielo, riuscirà a ridurre la montagna di sacchetti stipati in un conglomerato blobiforme di fianco al microonde, utilizzandone due o tre l'uno dentro l'altro per contenere i rifiuti (mai fidarsi di un sacchetto solo perché spesso tradisce riversando schifezze dai piccoli tagli creatisi durante il trasporto degli articoli acquistati). Mi rendo conto che la mia personale odissea polietilenica è poca cosa a paragone dell'immane montagna di sacchetti nazionale, o di quel continente di plastica che galleggia in mezzo all'Oceano Pacifico, ma anche questa ha la sua importanza, stante che la mia storia deve essere quella di molti.

Un comportamento consumistico così radicato nella prassi da essere ormai quasi completamente inconscio sta, grazie al cielo, per cambiare. Finiti i quantitativi già prodotti, non potranno essere realizzati altri sacchetti che non siano biodegradabili. Dal primo gennaio 2011, quindi, progressivamente anche l'immaginario cambierà. Come abbiamo visto per tanti anni nei film americani, compariranno sacchetti di carta da portare a casa in braccio con l'atteggiamento di genitori amorosi, invece che da trascinare appesi alle mani come strumenti di tortura. Gli shopper di carta comunque non saranno i soli a occuparsi dei nostri acquisti, accanto a essi ci saranno quelli di materie plastiche che poi si biodegraderanno da sole, è quindi prevedibile che anche i sacchetti portarifiuti subiranno un drastico decremento delle vendite, giacché verranno rimpiazzati da quelli già usati per la spesa. Bello. Almeno una buona notizia.

Le borse a rete che una volta le nostre mamme utilizzavano senza eccezione torneranno in servizio. Si ricomincerà a pensare che utilizzare qualcosa solo per pochi minuti è solo stupido e non moderno come ci siamo sforzati di considerare per una quarantina d'anni. In questo periodo di crisi globale se impareremo di nuovo a tenere quei piccoli comportamenti parsimoniosi che una volta erano automatici, ma che poi, colti da improvviso benessere abbiamo dimenticato, non potrà che essere un  bene. In fondo a nessuno viene chiesto di salvare il mondo da solo, basterebbe che ciascuno, per quel pochissimo che lo riguarda, si attenesse a dei semplici precetti di buonsenso perché le cose andassero meglio per tutti. Per esempio, qualcuno di noi spegne più la luce quando esce da una stanza? Eppure se l'avessi fatto da bambino mia nonna mi avrebbe, giustamente, cazziato. Quand'è che ci siamo dimenticati che sono cose come queste che possono fare la differenza?

Einstein una volta ha spiegato a un giornalista quale fosse il segreto della sua felice vita matrimoniale dicendo che sua moglie decideva per le piccole cose quotidiane, mentre lui per le grandi questioni; solo che fino allora non c'era mai stato bisogno di decidere niente sulle grandi questioni. Ecco, anche per noi potrebbe essere così: ci vuole un grande senso di responsabilità collettiva anche solo per coltivare il proprio giardino. Ma non c'è bisogno di essere degli eroi, basterebbe tornare a essere le nostre nonne.

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