Sexting - Foto LaPresse

Flopware

Andrea Ballarini

Lo scorso 12 ottobre Techcrunch, uno dei siti bibbia che sorvegliano le novità tecnologiche, ha dato notizia che lo US Patent and Trademark Office ha approvato un brevetto che si propone di risolvere, o almeno di attenuare, il problema del sexting.

Lo scorso 12 ottobre Techcrunch, uno dei siti bibbia che sorvegliano le novità tecnologiche, ha dato notizia che lo US Patent and Trademark Office, l’Ufficio Americano dei brevetti e dei Marchi registrati ha approvato un brevetto sottoposto nel 2008 dalla Apple – sì, quella dell’iPod per intenderci – che si propone di risolvere, o almeno di attenuare il problema del sexting.
Io, che sono un utente tecnologico mediamente superficiale, lì per lì non avevo neanche capito di che cosa si trattasse, ma con il terrore di restare indietro su qualcosa di fondamentale e di trovarmi magari fra un paio di settimane l’unico del mio condominio a ignorare una cosa per tutti stranota – ricordo ancora con orrore quando non più di sette-otto anni fa sentendo parlare di blog avevo creduto che si trattasse di un refuso e intendessero la trasmissione di Ghezzi e Giusti di RaiTre. Brrrr! – ho approfondito.

Il sexting è quella pratica, pare assai diffusa tra gli adolescenti americani, consistente nel mandare messaggi o fotografie sessualmente esplicite, soprattutto mediante i telefonini. Il termine è diventato popolare nel 2005 (e io dov’ero nel frattempo?) ed è la crasi tra “sex” e “texting”. Grazie a questo software della Apple ora le conversazioni degli adolescenti d’oltreoceano saranno continuamente monitorate e ogni volta che in un sms, una mail ecc. una parola risulterà classificata come inadeguata, il programma la casserà automaticamente e comunicherà all’amministratore – o comunque alla persona designata – l’avvenuta infrazione.

L’articolo non chiarisce se a questo punto l’amministratore avrà la possibilità di aggiungere la parola incriminata al vocabolario accettato – un po’ come avviene con il T9 che impara nuovi termini – così che la prossima volta non venga più segata, oppure dovrà solo prenderne atto. In ogni caso mi immagino messaggi potenzialmente umoristici: per esempio, se a quindici anni mi fossi visto recapitare un sms che diceva “Ho voglia del tuo” o, mettendomi nei panni di una ragazzina, “Mi piacerebbe leccarti la”, superato lo sconcerto sintattico, credo che dopo qualche minuto sarei riuscito a intuire il senso originale.
A meno che il software non eserciti un controllo semantico più ampio, riuscendo a comprendere anche il senso figurato delle frasi. Nel caso, però, si aprirebbero tutte altre possibilità.

Se per esempio due adolescenti si scambissero notizie sulle rispettive collezioni di figurine (le collezionano ancora le figurine? Brrr!) e uno dei due rivelasse all’altro di possedere la figurina più rara (quella che ai miei tempi era, secondo una leggenda urbana, Pizzaballa, il portiere dell’Atalanta) e il compagnuccio scrivesse “Figata! Quanto vuoi per darmela?”, cosa capirebbe il software della Apple? Sospetterebbe una sordida transazione sessuale e casserebbe tutta la battuta o, nel dubbio, garantista, lascerebbe passare? E se “darmela”, invece, ricadesse in ogni caso nelle parole tabù? Già vedo legioni di adolescenti arrapati tesi nello sforzo di aggirare il censore elettronico: “Per Giove! Saresti del parere di cedermene il possesso, anche temporaneo?”, magari una prosa un po’ ampollosa, ma alla lunga potrebbe essere un utile esercizio di ampliamento del vocabolario giovanile.

Quel che è certo è che la fantasia dei ragazzi, soprattutto se si tratta di aggirare un divieto, sarà sempre un passo avanti al più aggiornato dei software da guardia. Mi immagino il ritorno dell’alfabeto farfallino: “Mefe lafa dafarefestifi?”, e quasi provo tenerezza per il software della Apple. Oppure, farebbero come in un vecchio film con Totò e Macario in cui i due vecchi comici si raccontavano le barzellette in codice: “18!” e giù a sbellicarsi; “21!” e ancora un altro scroscio di risate, per concludere con un “4!” “No, tu non le sai raccontare.”  E che cosa potrebbe un software, per quanto inteligente, di fronte a un: “69?” “Ok. 16.30”.

    Credo che l’unica cosa di buonsenso
sia rinunciare a cercare di ottenere la risposta automatica a tutte le possibili variabili umane. Lo aveva già scoperto Molière nella Scuola delle mogli: più cerchi di evitare una cosa, nel caso specifico le corna, più quella cosa, come per magia, tende ad accadere. Gli esseri umani, salvo che nei romanzi di Philip K. Dick, sono, per fortuna, ancora più complicati dei software e quindi li fregheranno sempre. Hanno un vantaggio, però, rispetto ai circuiti elettronici: possono imparare a sentire il bene e il male e decidere di comportarsi in un modo oppure nell’altro. Certo, bisogna fare la fatica di insegnarglielo, ma una volta che l’hanno imparato è difficile che si perdano i dati.

Di più su questi argomenti: