Sillabario all'incontrario
La recensione del libro di Ezio Sinigaglia, TerraRossa Edizioni, 232 pp., 16,90 euro
La parabola artistica di Ezio Sinigaglia ha avuto, sin dalla pubblicazione del pantarèi (1985), un rapporto malsano con i grandi editori: rifiutato (ingiustamente) a più riprese, lo scrittore milanese ha in seguito stabilito un ferreo sodalizio con la piccola casa editrice TerraRossa Edizioni, la quale, su consiglio del traduttore ed editor Giuseppe Girimonti Greco, sta contribuendo alla disseminazione di ogni opera di questo eccentrico autore. I diversi capitoli seguono l’andamento delle lettere dell’alfabeto, seppure à rebours, partendo cioè dalla Z (ed ecco svelato il senso del titolo Sillabario all’incontrario), nei quali Sinigaglia affronta a blocchi la sua esistenza passata e presente in una spassionata e divertente autoanalisi, conseguenza di un periodo di forzata convalescenza casalinga protrattasi oltre il necessario. “Ciò che questo libro ha di insolito è il fatto di essere nato da una vera e banale malattia del corpo, che soltanto in un secondo tempo si è trasformata in una malattia dell’anima da curare con la scrittura”. D’altronde è successo già molte altre volte in passato (vedi Proust, autore amato da Sinigaglia) che la malattia faccia da spinta propulsiva alla creazione letteraria. Muovendosi agilmente sul territorio dell’autobiografia, il sillabario è un modo per dare senso alla propria vita attraverso la narrazione: anche se il racconto della propria vita è più importante della vita stessa. Come dice infatti Luigi Zoja parlando di James Hillman (Le Storie che curano. Freud-Jung-Adler, Raffaello Cortina Editore): “L’analisi è una narrazione. Ma il paziente non racconta la sua vita all’analista partendo da un certo momento per arrivare all’oggi, e qui fermarsi sperando di trarre delle conclusioni. Racconta la sua vita perché la vita è il mezzo per arrivare al racconto”. Inoltre, questa specie di romanzo terapeutico non vuole essere un modo per accusare chicchessia, ma solo un mezzo per guardarsi dentro più a fondo, senza voler per forza trovare il colpevole del proprio malessere: “La differenza è che, nel mio sillabario, non si potrà in alcun modo arrivare a una delucidazione appagante, cioè a quel deus ex machina meraviglioso, conclusivo, rasserenante che è rappresentato dalla confessione dell’assassino”. Forse solo la scrittura saprà alleviare le rassegnazioni e le seccature della vita, facendoci sembrare molto lontano quel giorno in cui varcheremo le porte – e dulcis in fundo siamo giunti alla lettera A! – dell’Aldilà.
Sillabario all’incontrario
Ezio Sinigaglia
TerraRossa Edizioni, 232 pp., 16,90 euro
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