Parole nascoste

Alessandro Mantovani

La recensione del libro di Arianna Montanari, Mondadori, 252 pp., 18 euro

Non è facile oggi orientarsi nella giungla del memoir. Incoraggiati dalla “medializzazione” delle nostre vite attraverso i social, vittimismo e narcisismo rischiano di diventare posture dell’autofiction tese alla glorificazione eroica o al compianto puerile di chi la scrive. Una dinamica efficace, oltre che redditizia, nell’epoca degli influencer. In questo mare magno, tuttavia, ci sono dei testi che fortunatamente fanno eccezione, restituendo il genere al suo vigore e alla sua complessità.
Tra questi libri, rientra senz’altro il romanzo di Arianna Montanari, che prende le mosse dalla morte del padre per raccontarne il rapporto. Costruito a partire da fatti reali, innestati su ricostruzioni o parentesi puramente narrative, il romanzo si muove attraverso una temporalità esplosa e frammentata che intreccia luoghi e tempi lontanissimi tra loro. E’ proprio attraverso queste coordinate espanse, però, che la storia della protagonista trascolora rapidamente dal memoriale alla saga familiare, ibridando così due tipologie di romanzo. Le vicende del padre e della madre – lui ricco e mondano, lei provinciale e di umili origini – si intrecciano infatti a quelle dei nonni, ricostruendo così una genealogia che attraversa i decenni centrali della storia del Novecento, la quale fa capolino qua e là, precipitata negli spazi della narrazione, dalla Milano da bere, alle rivolte studentesche a Bologna.


In questo guazzabuglio, la storia di Arianna che alterna un presente ultracontemporaneo – fino alla pandemia – a una gamma frammentata di passati, da studentessa ostinata, a liceale insicura, a bambina incerta, restituisce lo sforzo costante di una protagonista alla ricerca della propria identità. E Montanari è brava a strutturare un romanzo che dimostra come dietro tale indagine siano i non detti a farsi prerogativa dei rapporti umani, di ogni tipo.


I silenzi tra le persone, che agiscono però ugualmente oltre la sfera del visibile, e le soglie che giacciono lì, innocue – ma che una volta attraversate non permettono più di essere gli stessi che eravamo prima – sono i veri protagonisti di questo romanzo in grado di soffermarsi su sentimenti, manie, ossessioni e disfunzionalità con una sorprendente precisione lessicale e una neutralità di giudizio. Con il suo testo, Montanari rileva come la difficoltà di orientarsi nel mondo non venga meno con l’età adulta e che ogni ruolo che siamo costretti a ricoprire non è che l’emanazione del terreno silenzioso e intricato delle nostre menti. 
 

Parole nascoste
Arianna Montanari
Mondadori, 252 pp., 18 euro