Grafica di Giovanni Battistuzzi 

Una fogliata di libri

Il lupo di Skopje

Alessandro Litta Modignani

La recensione del libro di Annick Emdin (Astoria, 200 pp., 17 euro)

Senza esitare, d’istinto, Clémence si tuffa nell’acqua gelida e salva la vita a un giovane che si è buttato nel fiume dall’alto di un viadotto. Lo rianima, lo porta a casa, lo nutre. Ma il ragazzo, Jan, rapidamente si eclissa. Dopo qualche giorno, Clémence lo ritrova in un vicolo squallido e malfamato, chiuso in sé stesso e dedito al piccolo spaccio.

 Nuovamente la donna si offre di aiutarlo, gli lascia il suo recapito; lui mostra indifferenza ma, contro ogni previsione, si presenta poi in cerca di ospitalità e sostegno. Clémence e Davide sono una coppia di mezza età, in crisi e senza figli, vivono in una bella casa in cui però manca da tempo l’armonia. I due decidono di accogliere Jan come un figlio e di farsi carico dei suoi problemi: una scelta che sconvolgerà drammaticamente la loro esistenza.

 

Clémence è turbata. Ha 45 anni, si sente sola e trascurata dal marito, è frustrata professionalmente e sessualmente. Ora la eccita la presenza del ragazzo, che potrebbe essere suo figlio: si sente attratta, nutre pensieri inconfessabili e peccaminosi.

 

Chi è in realtà Jan? Qualcosa di oscuro si nasconde nel suo passato. Ha l’aspetto tipico del giovane balcanico, un lupo solitario disadattato e asociale. Ha soltanto 17 anni, ma con l’aria del duro, cresciuto troppo in fretta e abituato a vivere nei guai. Jan è cinico, strafottente, impunito, anche se sotto la scorza rivela un cuore sensibile, una spiccata intelligenza e un disperato bisogno d’amore.
“L’unica cosa che è rimasta a me è il coltello. È un bellissimo coltello, a serramanico. (…) Quando tiri fuori il coltello ci sono quelli che arretrano e quelli che no. In generale se non arretrano vuol dire che ce l’hanno pure loro, il coltello. Ho usato il coltello contro una persona sei volte. Cinque per ferire, per spaventare. Una volta sola, per uccidere”.

 

Jan è l’unico personaggio a esprimersi in prima persona, con visioni allucinate e tratti autistici. Con lo scorrere delle pagine, dalla lontana Macedonia emerge una storia di sfruttamento, sopraffazione e disperazione; un ambiente degradato, dove sesso e prostituzione sono gli ingredienti quotidiani di una vita dura e violenta. Il testimone narrativo passa da un personaggio all’altro, da Skopje all’Italia, avanti e indietro nel tempo, in un crescendo avvincente e drammatico.
Il lupo di Skopje è un tipico romanzo di formazione, un racconto corale, a più voci, come già il precedente Io sono del mio amato (2020), lavoro d’esordio della Emdin: anche in questo caso, non mancano i messaggi positivi, la voglia di riscatto, la speranza. 

 

Annick Emdin
Il lupo di Skopje
Astoria, 200 pp., 17 euro

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