Una fogliata di libri

La miseria simbolica

Alessandro Mantovani

La recensione del libro di Bernard Stiegler, Meltemi, 166 pp., 16 euro

Per Freud ciò che chiamiamo cultura o civiltà è quell’insieme di istanze in cui si riconosce una collettività, la quale è a sua volta formata da una serie di soggetti in grado di individuarsi come tali a causa delle loro specificità. E’ così che la relazione tra “io” e “noi” si costituisce in base a rapporti di somiglianza e differenza, identità e diversità.
Riprendendo questa lezione freudiana, il filosofo francese Bernard Stiegler sostiene che uno dei problemi dominanti delle società occidentali sia proprio la progressiva perdita di tale processo di individuazione, scaturita dall’induzione stimolata dall’economia degli elementi in cui ci riconosciamo. Tutti oggi infatti fruiamo dei medesimi prodotti tecnici e culturali la cui produzione non muove tanto dalle comunità quanto dal sistema industriale che ha per scopo lo sviluppo dei mercati “e che ha finito per trasformare il corpo che sente, il corpo sensibile, il corpo desiderante, in un corpo consumatore”. 
Così la modernità ha trasformato l’esperienza estetica da proiezione a condizionamento dei desideri di chi vi partecipa, funzionalizzando “la dimensione affettiva dell’individuo” ai fini del consumo e provocando in questo modo un disorientamento tale da creare un “noi deterritorializzato”, cioè una comunità schizofrenica e spaesata. Marketing, pubblicità, comunicazione ma anche le arti ridotte a espediente tecnico o veicolo propagandistico – come spesso accade per il cinema –, portando all’estremo quel nesso da sempre esistente tra estetica e potere, contribuiscono a un cortocircuito del desiderio e a un annichilimento del soggetto in una direzione di controllo che oltrepassa le prospettive di Deleuze e Guattari.
Eppure in questo saggio che germoglia dalle filosofie di Marx, Husserl, Heidegger per arrivare fino alle teorie contemporanee di autori come Byung Chul-Han e Mark Fisher, Stiegler non analizza solamente la “presa di controllo del simbolico da parte della tecnologia industriale”, ma contrappone all’orizzonte esaurito del consumo bulimico e dell’eterno presente in cui vengono appiattiti i soggetti, le potenzialità delle arti come elemento eversivo ancora “portatore di avvenire”. Perciò, l’estetica diventa “al contempo l’arma e il teatro della guerra economica” che si contende il campo del simbolico, ossia quel territorio in cui comunità e soggetti affondano le radici trovando in memorie, oggetti, spazi e lingue il senso del loro esistere e stare insieme; un campo in miseria ancora in grado di rifiorire.

 

Bernard Stiegler
La miseria simbolica
Meltemi, 166 pp., 16 euro

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