La compromissione

Roberto Paglialonga

La recensione del libro di Mario Pomilio, Bompiani, 288 pp., 13 euro

Cambiare è questione di libertà, e costa caro. Implica conoscere la verità su sé stessi. Come dimostra il caso di Marco Berardi, protagonista de La compromissione con cui Mario Pomilio vinse il Campiello nel 1965. 


Partecipe della guerra partigiana, Marco, segretario del Psi di Teramo, si batte per il “progresso” perché vuole stare “dalla parte” della storia; appartiene agli uomini di lettere; pensa di amare Amelia, nonostante la sua diversa estrazione cattolica e borghese. Eppure è costretto a subire la “messa a terra” che la vita ironicamente opera ai suoi danni: la batosta elettorale delle sinistre nel ’48, che strappa l’Italia all’abbraccio mefitico dei soviet; il disvelamento di quanto sia artefatta la presunzione di distinguere tra buoni e cattivi nel tragitto storico; la presa d’atto della laboriosa conquista quotidiana che è l’amore. Erigere il muro della resistenza, perciò, serve a poco: viene giù in fretta. Come voltare le spalle a tutto, nella convinzione che la “vocazione” possa essere sacrificata ad tempus sull’altare della convenienza, o peggio dell’infedeltà. Solo che ciò che si immagina temporaneo spesso diviene eterno. Quante volte nel romanzo si avrebbe voglia di gridare al Berardi il proprio “svegliati!”. Ma tenere insieme i pezzi del puzzle, perseguire l’unità di vita, richiede il fuoco della grazia. Apertura, non superbia. Per conoscere l’altro, e se stessi. L’alternativa è la compromissione. Lo scendere a patti per indegnità: che porta una trasformazione, non una conversione. E Marco, vittima della propria opacità spirituale, scivola nel gorgo del tradimento: ideale, coniugale, morale. Vive “su due piani: concedere nella pratica” ciò che si rifiuta “d’ammettere sul piano delle idee”. 


Pomilio, narratore fluviale la cui scrittura si pone “a crocevia tra Manzoni, Dostoevskij e Camus”, spiega Giuseppe Lupo, scava nell’anima con un testo duro, di grande inquietudine, che risente dell’attrito ideologico tra marxismo e cattolicesimo degli anni 50-70. Nelle contraddizioni che si mescolano tra crisi sociale e dei rapporti familiari, scattano ora il disgusto ora la misericordia verso il protagonista. Lasciando il dubbio: egli è solo il perdente meschino da non imitare, o non anche, forse, lo specchio di almeno un pezzetto di ciascuno di noi? 


La salvezza esige l’amore. E il perdono, anzitutto verso sé stessi. Quando la realtà presenta il conto, si smaschera improvvisamente la nostra umanità. Semplificazioni ideologiche e sogni non bastano a coprire il bisogno di verità dell’uomo. Ci vuole un “cuore” libero e schiuso alla speranza. 
 

La compromissione
Mario Pomilio
Bompiani, 288 pp., 13 euro

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