Sul fiume

Gaia Montanaro

La recensione del libro di Esther Kinsky, il Saggiatore, 352 pp., 24 euro

L’essenza di ciò che siamo è racchiusa anche nei luoghi che abitiamo. In quei paesaggi, stabili o di passaggio, che capita di attraversare e che raccontano qualcosa di noi. A volte evocandola, altre rendendola presente. Il fiume è per qualcuno uno di questi luoghi, un solco stabile ma che sempre cambia – a volte il nome, spesso il suo tragitto –, che divide paesaggi e vite e che sempre punta verso il mare. Lungo il River Lea, un affluente del Tamigi, una donna comincia a camminare. Si è trasferita in un sobborgo di Londra, in un luogo dove non conosce nessuno e che per lei rappresenta una sistemazione di passaggio prima di stabilirsi all’estero. Da qui comincia il suo viaggio sulla riva di quel fiume, che divide la campagna inglese dalla città, il suo presente dalla vita trascorsa. Ricostruisce il passato attraverso il paesaggio, attraverso quei luoghi sconosciuti evoca i propri ricordi.

 

 

Ricordi dei fiumi che hanno scandito la sua infanzia, le sue relazioni, i suoi legami famigliari. Che contengono pezzi interi di vita che in essi si sono specchiati, a volte anche solo per un attimo. “Il Reno è stato il primo confine che io abbia mai sperimentato, ed era sempre presente. E’ stato lui a insegnarmi il qui e il là”. I luoghi come una certezza, un tratto distintivo di quello che si è, una parte della propria identità. Ma anche come portatori di una realtà più grande, fatta di dettagli, che ci precede e ci supera. E che il fiume contiene. “Il fiume portava con sé il cielo, gli alberi sulla riva, i fiori rinsecchiti a forma di pannocchia delle piante acquatiche, gli svolazzi neri degli uccelli sulle nuvole”.

 

La donna nel suo tragitto scatta delle fotografie, ferma nella sua memoria quei luoghi e rivela una profonda capacità di osservazione e di ascolto della natura. Il suo cammino è occasione di scoperta, di incontrare anche solo con lo sguardo ragazzini con la kippah, un ex acrobata e un croato che tiene in tasca un mucchio di denti d’oro. “Due operai con una zuppa sul terrapieno. Un airone. Una bicicletta nell’erba. La mia stessa ombra”.

 

 

Il fiume restituisce la vita, nella sua varietà. Esther Kinsky traccia una storia naturale dei luoghi, tenuta insieme da uno sguardo insieme poetico e limpido. Restituisce dignità a ogni cosa, non scarta niente, a volte apparentemente perdendosi ma poi tornando sui suoi passi, sul fiume. Con le sue parole lega ciò che sta fuori da noi – il paesaggio, le persone, gli oggetti – a ciò che è dentro, ovvero i ricordi. I fiumi ricordano. 

 

 

 Sul fiume

Esther Kinsky

il Saggiatore, 352 pp., 24 euro

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