Vita senza principio

Maurizio Schoepflin

La recensione del libro di Henry D. Thoreau, Lindau, 64 pp., 9 euro

 Pubblicato  postumo nel 1863 – l’autore era scomparso appena quarantacinquenne l’anno precedente – sulla rivista Atlantic Monthly, il saggio di Henry David Thoreau, Vita senza principio permette al lettore di entrare in vivo contatto con il pensiero di uno dei più originali filosofi statunitensi del XIX secolo. Discepolo e amico di Ralph Waldo Emerson, forse il maggior pensatore americano dell’Ottocento, Thoreau manifestò ben presto una forte insofferenza ai vincoli sociali e alle norme morali, fino a sostenere posizioni vicine all’anarchismo. La sua indole individualista – egli scelse di trascorrere vari anni in campagna, a contatto con la natura, lontano dalla città, ove più forte  avvertiva l’ipocrisia delle regole etiche e, soprattutto, la falsità della vita sociale e politica – lo spinse ad assumere atteggiamenti di disobbedienza civile, che gli costarono persino il carcere.

  

Anche in Vita senza principio è facile ritrovare questi tratti caratteristici della personalità e del pensiero thoreauiani. Le prime pagine del saggio sono dedicate a contestare il primato che la società moderna attribuisce al denaro e alla produzione. Secondo Thoreau, ciò va a scapito dell’affermazione di due valori fondamentali: la verità e la libertà. Riguardo a quest’ultima, in polemica con la sua stessa patria, egli scrive: “La chiamiamo la terra della libertà? Ma che senso ha essere liberi da re Giorgio e continuare a essere schiavi del re Pregiudizio? Che senso ha essere nati liberi e non vivere liberi? Che valore ha la libertà politica se non porta alla libertà morale? …Siamo una nazione di politici che si preoccupano di difendere solo le apparenze della libertà”. Tutto questo deriva dall’essersi piegati alle leggi del conformismo e del successo: “La nostra povera anima si fa carico del nostro disgustoso corpo, finché quest’ultimo non ne divora la sostanza”.

   

Le cose non vanno meglio negli ambiti della politica e dell’informazione. Thoreau non ha dubbi: “Quella che chiamiamo politica è una cosa tanto superficiale e disumana che in pratica non mi è mai sembrato che mi riguardasse affatto”. E che dire dei giornali? Meglio starne lontano: la loro lettura danneggerebbe la nostra intelligenza e la nostra moralità.  In un siffatto contesto ideologico acquista un senso del tutto particolare la seguente affermazione, solo apparentemente paradossale, che leggiamo nel saggio: “Non esiste perdigiorno peggiore di chi passa la maggior parte della sua vita a guadagnarsi il pane”. 

 
Vita senza principio

Henry D. Thoreau,

Lindau, 64 pp., 9 euro

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