Il senso della mia vita

Giorgia Mecca

La recensione del libro di Romain Gary (Neri Pozza, 112 pp., 13 euro)

Personalmente so che ho avuto ben poche scelte nella vita, che a dirigermi, in un certo qual modo ad abbindolarmi, è stata la storia nel significato più generale e al tempo stesso più particolare e quotidiano della parola”. Non siamo padroni di niente, nemmeno dei nostri giorni, andiamo avanti per inerzia, portandoci dietro nostalgie dolorose e altrettanto dolorosi rimpianti. Ciò che accade è la conseguenza del caso, o di una promessa antica che ci tiene in piedi. Romain Gary ha vissuto per anni a pane e cetrioli, da una parte all’altra del mondo, in pace e in guerra, con un’estrema unzione sul groppone e una bara posata al suo fianco pronta ad accoglierlo. Se l’è sempre cavata. “Credo che a salvarmi sia stato quel centro di gravità che era l’immagine di mia madre”. Gary è sopravvissuto per rendere orgogliosa la donna che lo ha generato, per dare un senso a tutta la fatica e solitudine. Racconta tutto Romain Gary in questa conversazione concessa al giornalista di Radio Canada Jean Faicher poco prima di darsi la morte con un colpo di pistola alla tempia, il 2 giugno 1980. Il senso della mia vita (tradotto da Giovanni Bugliolo), è il racconto di tutto ciò che è stata l’esistenza dell’autore di La promessa dell’alba, La vita davanti a sé, Le radici del cielo. Prima di tutto c’è la mamma, il desiderio di non deluderla. Romain Gary aveva otto anni quando sua madre gli diceva: “Diventerai un grande scrittore, diventerai ambasciatore di Francia”. E non importa se a quel tempo vivevano in uno scantinato della Lituania o di Varsavia, lei ci credeva e ci credeva anche lui. E’ stato qualunque cosa prima di vincere il premio Goncourt, diventare commendatore della legione d’onore e cenare ad Hollywood allo stesso tavolo di Ava Gardner: galoppino, cameriere, fattorino, mezzo delinquente, professionista da ping pong, scrittore rifiutato, aviatore durante la Seconda guerra mondiale con un’unica idea in testa: combattere per la Francia. “Vuole andare a combattere?”, gli chiede un giorno il generale de Gaulle durante colloquio. “Allora vada, e soprattutto non dimentichi di farsi ammazzare”. Poi la guerra finisce e lui rimane, orfano della persona più importante della sua vita. Non ha nemmeno potuto salutarla, dirle “Guarda, mamma, ce l’abbiamo fatta”. Confessa di aver vissuto Romain Gary in questo libro pieno di aneddoti, di nani e di ballerine, dei padroni del mondo e degli ultimi sulla faccia della Terra. Russia, Africa, Hollywood, lo scrittore ha sempre vissuto nell’unico modo che conosceva, con ironia: “L’umorismo è l’arma bianca delle persone disarmate. E’ una forma di rivoluzione pacifica e passiva che si fa disinnescando le penose realtà che ci cascano addosso”. L’ultima confessione riguarda la sua ex moglie, l’attrice Jean Seberg, morta in seguito a un’overdose: “Ho divorziato perché l’idealismo di questa ragazza che cozzava contro continue delusioni era quello che avevo già vissuto io da giovane e non potevo tollerarlo, non potevo sopportarlo, non potevo starle dietro, non le potevo fare compagnia, non la potevo aiutare”. Quando davanti a sé non riusciva a vedere nient’altro che un orizzonte ogni giorno più ristretto, Romain Gary si è arreso, alla fine si arrendono tutti.

 

Romain Gary
Il senso della mia vita
Neri Pozza, 112 pp., 13 euro

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