Il quinto “Vangelo” di Nietzsche

Maurizio Schoepflin

Recensione del libro di Peter Sloterdijk edito da Mimesis, 120 pp., 10 euro

Il 25 agosto del 1900, dopo aver trascorso gli ultimi undici anni della sua vita con la mente offuscata dalla malattia, moriva a Weimar Friedrich Nietzsche, uno dei più significativi filosofi del XIX secolo, capace di lasciare una traccia assai importante e ancora viva nella storia del pensiero occidentale. A cento anni esatti dalla sua scomparsa, il 25 agosto del 2000, sempre a Weimar, su di lui pronunciò un ampio discorso Peter Sloterdijk, il filosofo tedesco nato nel 1947, una delle figure più interessanti e discusse del panorama culturale europeo contemporaneo. Le parole pronunciate in quell’occasione da Sloterdijk vengono ora riproposte in un volumetto che accoglie pure un’utile Postfazione di Gianluca Bonaiuti, che avverte subito il lettore che il ricordo di Nietzsche serve a Sloterdijk per fare i conti con se stesso. D’altro canto, egli non ha mai negato il proprio debito intellettuale nei confronti dell’autore dello Zarathustra, l’opera alla quale, peraltro, l’autore fa costante riferimento anche nel discorso commemorativo. Il 13 febbraio del 1883, da Rapallo, Nietzsche scrive al proprio editore per comunicargli di aver concluso la redazione di un “volumetto (di appena cento pagine), il cui titolo è Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno. Si tratta di una ‘composizione poetica’, o di un quinto ‘Vangelo’, oppure è qualcosa per cui non esiste ancora una definizione: è la mia opera di gran lunga più seria e anche più allegra, e accessibile a chiunque”. Di quale ulteriore buona novella si tratti, l’autore lo spiega in una lettera inviata all’amica scrittrice Malwida von Meysenbug il 20 aprile del 1883: “E’ una storia meravigliosa – si legge nella missiva –: io ho sfidato tutte le religioni e scritto un nuovo ‘libro sacro’! E, detto in tutta serietà, è un libro serio come qualunque altro libro sacro, anche se introduce il riso nella religione”. Afferma Sloterdijk, riferendosi alle convinzioni nietzscheane: “Nella sua visione, l’antica tetrade dei Vangeli non è altro che un prontuario per malignare sul mondo in favore dei vendicativi e degli indolenti, un libro redatto e interpretato dalla casta par excellence, quella che crea dipendenza, quella dell’epoca metafisica, dei preti-teologi, degli avvocati del nulla e dei loro moderni successori – giornalisti e filosofi idealisti”. Sloterdijk sostiene che il quinto Vangelo di Nietzsche è il lieto messaggio di un uomo la cui “missione è distruggere la competenza comunicativa dei velenosi”, facendo piazza pulita delle tante illusioni che, per secoli, hanno ingannato gli uomini, prima fra tutte la religione cristiana. In questo contesto, due particolari della biografia di Nietzsche risultano significativamente sorprendenti: l’autentica pietà cristocentrica che pervade alcune poesie da lui composte in età giovanile e il fatto che in vari biglietti scritti da Torino ad alcuni suoi amici, tra la fine del 1888 e i primi del 1889, egli abbia scelto di firmarsi “il Crocifisso”. 

 

Il quinto “Vangelo” di Nietzsche
Peter Sloterdijk
Mimesis, 120 pp., 10 euro