Le porte del mondo

Roberto Persico

Il libro di Paolo Grillo, Mondadori, 280 pp., 22 euro

Può sembrare incredibile che nel Duecento gli effetti di eventi dell’Africa australe arrivino fino in Groenlandia. Ma è vero. Negli anni Venti di quel secolo infatti tra i fiumi Zambesi e Limpopo si forma il regno di Mapungubwe, che dà grande impulso, fra l’altro, all’esportazione delle zanne di elefante. Nei decenni successivi, i genovesi sviluppano la galea grossa, che permette di portare fino al Mare del Nord le zanne degli elefanti, troppo pesanti per essere trasportate a dorso di mulo attraverso le Alpi. Così, verso la fine del secolo, l’avorio africano comincia a diffondersi nell’Europa settentrionale; e mette in crisi l’egemonia di quello ricavato dalle zanne dei trichechi. I quali venivano cacciati dai vichinghi che, dalla fine del X secolo, si erano stanziati appunto in Groenlandia, e dalla vendita delle zanne di tricheco traevano il loro principale guadagno: ed è così che nei primi decenni del Trecento i vichinghi lasciano l’America.

 

Ma la storia dell’avorio non è che uno dei capitoli di una vicenda assai più vasta, ovvero di quella sorta di prima globalizzazione che nel corso del XIII secolo cambia definitivamente la collocazione dell’Europa nel mondo. Se infatti gli europei non avevano mai perso la consapevolezza dell’esistenza di altre terre, la conoscenza che essi ne avevano era frammentaria e per lo più fantasiosa, come attestano le cosiddette “mappe a T” dominanti fino a quel tempo. Ma in quei decenni cruciali le cose cominciano a cambiare profondamente. A innescare le trasformazioni la terribile incursione dei mongoli, che fra il 1241 e il ’42 devastano l’Ungheria e attaccano l’Europa centrale. Anche se gli invasori se ne vanno rapidamente come sono arrivati, la loro comparsa mette in moto una serie di azioni: Papa Innocenzo IV manda loro due ambasciatori – prima Giovanni da Pian del Carpine, poi Guglielmo di Rubruck – che portano in Europa le prime notizie realistiche sull’Asia centrale; Luigi IX re di Francia, pur sconfitto nella crociata del 1250, viene considerato dai mongoli un possibile alleato nella lotta contro i turchi; ma soprattutto nel 1258 i mongoli conquistano Baghdad e aprono le porte dell’Asia ai mercanti genovesi e veneziani.

 

Inizia così a costruirsi, tra la fine del Duecento e gli inizi del secolo successivo, una vasta rete di scambi commerciali e culturali che dalle coste del Mediterraneo arriva fino agli estremi confini del mondo: non solo, verso est, alla Cina e all’India, ma anche, verso sud, al Corno d’Africa e alle Canarie. Ed è sostenuta da un’apertura curiosa nei confronti dell’“altro”: “Buona parte della letteratura due-trecentesca esprime invece un ammirato stupore per le civiltà esterne, a cui viene riconosciuto un livello di ricchezza, potenza e, talvolta, capacità politiche superiore a quelle europee. Non dobbiamo quindi attribuire agli uomini del Medioevo la pesante sovrastruttura di stereotipi razzisti che furono il frutto avvelenato della stagione dell’imperialismo fra Otto e Novecento”.

 


 

Paolo Grillo
Le porte del mondo
Mondadori, 280 pp., 22 euro

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