“Nessun dio è mai sceso quaggiù”

Maurizio Schoepflin

La recensione del libro di Marco Zambon, Carocci, 552 pp., 46 euro

Uno dei compiti principali e più delicati che i cristiani delle origini si trovarono a dovere affrontare fu quello relativo al confronto con la grande eredità della cultura classica, all’interno della quale brillava di una luce del tutto speciale la filosofia greca, resa immortale da personalità del calibro di Platone e Aristotele. Lo strumento di cui fecero uso gli intellettuali che avevano aderito alla fede in Gesù di Nazareth per affermare le loro convinzioni derivanti dalla nuova religione fu l’apologia, ovvero la difesa (questo il significato greco del termine) e l’esaltazione della verità cristiana nel contesto della cultura del loro tempo. Si trattava di affermare la validità del Vangelo e di dimostrarne la superiorità rispetto alle credenze religiose e filosofiche del passato. L’operazione in buona parte riuscì e il cristianesimo fu in grado di diffondersi e di affermarsi anche per merito di grandi intellettuali che misero la loro sapienza al servizio della propagazione della fede, accettando e, spesso, vincendo il confronto con coloro che consideravano la rivelazione cristiana ben poco attendibile. Tuttavia, ciò non impedì che per secoli si mantenesse viva una rilevante linea culturale anticristiana.

  

Di questo importante fenomeno si è occupato con passione e perizia Marco Zambon, storico del cristianesimo e delle chiese presso l’Università di Padova, che in questo suo ponderoso e documentato lavoro, presenta “una sintesi degli argomenti con i quali alcuni filosofi si impegnarono, approssimativamente dall’epoca di Marco Aurelio a quella di Giustiniano, nella polemica contro i cristiani”. Come si è detto, il terreno privilegiato dello scontro tra cristiani e non cristiani fu quello del pensiero filosofico, e non casualmente Zambon si sofferma in particolare proprio su di esso, soprattutto per mostrare al lettore che contrariare i pensatori non credenti, specialmente quelli appartenenti al platonismo, era la certezza manifestata apertamente dai cristiani di essere portatori di una verità filosofica superiore a quelle variamente elaborate dai greci e, in special modo, da Platone. Nella prima parte del libro, l’autore espone le opinioni che i contemporanei ebbero sulla vita e la dottrina dei cristiani; nella seconda, indica i temi della polemica anticristiana sul piano religioso e sociale; la terza è dedicata a presentare le obiezioni dei filosofi; nella quarta e ultima viene descritta la condizione giuridica dei cristiani nell’Impero romano prima e dopo l’epoca costantiniana.

  

Scrive Zambon: “Contro la pretesa dei cristiani di essere anch’essi filosofi, anzi, gli unici, i platonici loro avversari obiettavano che il cristianesimo è per sua natura una dottrina non filosofica, sia perché fondato sulla fede (quindi irrazionale), sia perché i suoi contenuti sono contraddittori e, in ciò che hanno di vero, non fanno che copiare insegnamenti provenienti da tradizioni più antiche e autorevoli, mentre, in ciò che hanno di originale, sono del tutto falsi e insensati”.

   

“NESSUN DIO È MAI SCESO QUAGGIÙ”

Marco Zambon

Carocci, 552 pp., 46 euro

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