Tilliette. Cristianesimo e modernità filosofica

Maurizio Schoepflin

di Simone Stancampiano, Studium, 224 pp., 19,50 euro

Nato vicino ad Amiens nel 1921 e scomparso a Parigi alla fine del 2018, il gesuita Xavier Tilliette è stato una delle personalità più significative della filosofia cattolica del XX secolo. In particolare, la sua attenzione si concentrò sul problema, molto complesso e assai dibattuto, dei rapporti fra cristianesimo e modernità, soprattutto per ciò che concerne il pensiero filosofico. Come è noto, molti ritengono che, a partire da Cartesio (1596-1650) – ma alcuni segnali sarebbero già presenti nel contesto della cultura umanistico-rinascimentale –, si sia consumata una separazione tra fede religiosa e riflessione filosofica, separazione che, radicalizzandosi, è infine approdata a un vero e proprio divorzio che testimonierebbe un’insanabile incompatibilità fra l’adesione al cattolicesimo e le moderne acquisizioni della cultura occidentale. Tra coloro che hanno tentato di ricucire questo strappo va sicuramente annoverato proprio Xavier Tilliette che, come nota Simone Stancampiano in questo suo recente volume, ha effettuato una rivisitazione della modernità filosofica in chiave apologetica, ovvero cercando di indicare la possibilità di un recupero del “moderno” all’interno del perimetro del cristianesimo e della filosofia che a esso si è ispirata. Al fine di portare a termine questa delicata operazione interpretativa, Tilliette ha studiato a fondo i contributi di numerosi pensatori, giungendo alla conclusione che “tutta la filosofia, non tutte le filosofie, ma tutta la filosofia è profondamente cristiana, ante-Christum e post-Christum”. A tale riguardo così si esprime Stancampiano: “Il punto centrale, per il gesuita francese, è infatti la convinzione del vecchio fondo cristiano che ispira, spesso loro malgrado, le filosofie della modernità e della contemporaneità”. E’ questo uno dei concetti-cardine della cristologia filosofica tilliettiana, elaborata sulla base di una rilettura del pensiero idealista tedesco – di Schelling in particolare – piuttosto che a partire dalla tradizione francese (eccettuati Malebranche, Pascal e, solo in parte, Blondel). Dunque, il gesuita transalpino ritiene di poter “conciliare” la fede cattolica con la filosofia idealista germanica: “L’idealismo tedesco – afferma Stancampiano – costituisce per lui il ponte tra il cristianesimo e la modernità filosofica”. A giudizio dell’autore, tale posizione manifesta non poche criticità, riguardanti soprattutto l’effettiva possibilità di rileggere l’hegelismo in senso cristiano, perché “per gli idealisti tedeschi… la fede ha valore di verità solo nell’idea filosofica, non sul piano religioso”.

 

Il pensiero di Hegel non supera l’orizzonte dell’immanenza, cosa che i filosofi credenti non potranno mai accettare, e così da alleato si trasforma nella “spina nella carne della cristologia filosofica di Tilliette”, al quale Stancampiano riconosce comunque il grande merito di aver rivisitato attraverso la figura di Cristo la modernità filosofica tradizionalmente considerata atea e irreligiosa.

  

Simone Stancampiano
Tilliette. Cristianesimo e modernità filosofica
Studium, 224 pp., 19,50 euro

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