Ti rubo la vita

Marianna Rizzini

Cinzia Leone
Mondadori, 615 pp., 20 euro 

Sapere chi siamo, e decidere di diventare qualcun altro. O pensare fino a un certo punto di essere in un modo, ma poi scartare per prendere la propria vera strada. In questo romanzo – che attraversa tutto il Novecento e tutto il Mediterraneo – nessuno resta, alla fine, quello che era all’inizio, ma può essere vero anche il contrario: inizio e fine trovano senso specchiandosi e ribaltandosi. E ci sono tre donne, in questo libro, apparentemente diversissime: per epoca di nascita, per formazione, per esperienze, per mentalità. Eppure qualcosa le lega, ed è il modo in cui la loro vita si dipana attorno al gioco irrinunciabile – a volte felice, a volte tragico – attorno a un’identità intellettuale, affettiva e religiosa (ebrea, cristiana, musulmana), e a una natura in qualche modo ribelle. Partendo dalla fine, troviamo Esther, figlia di un cristiano e di un’ebrea all’epoca delle persecuzioni razziali: una donna che a un certo punto vuole trovare le certezze e “le regole” che sua madre ha demolito una a una. A poco più di trent’anni, Esther si sente come già consumata dalle delusioni, e pronta a quello che a nessuno sembra possibile, nella Roma del 1991: un matrimonio combinato, scelto liberamente, che la porterà a scoprire non soltanto che le regole possono renderti incredibilmente libero, ma che l’uomo che vuole sposarla con regolare contratto, senza averla conosciuta prima, seguendo un percorso rigido di avvicinamento e conoscenza, è in realtà molto più imprevedibile di lei. E, andando a ritroso in questo racconto al tempo stesso corale e introspettivo, si trovano due donne che, in tempi diversi, cercano di difendere se stesse dall’assalto di una realtà non voluta, non cercata, fortemente osteggiata. Giuditta, ebrea, allontanata da scuola nel 1938, nonostante l’ingiustizia, la fuga, la fame e la guerra, non rinuncia per principio al suo sogno: quando saremo liberi e in pace, voglio andare al cinema tutte le settimane, dice al suo innamorato non ebreo Giovanni, che la segue, la cerca e la trova anche sotto ai bombardamenti. E in quel desiderio così semplice e così incongruo per la situazione è racchiuso un mondo: Giuditta non si è mai piegata, fin dal giorno in cui, campionessa di nuoto discriminata per razza, ha deciso di non fare il saluto fascista che le avrebbe forse potuto assicurare una sorta di lasciapassare sportivo. C’è il mare in questa storia, un mare che salva ma che in qualche modo danna la prima donna del racconto, Miriam, che nel viaggio per nave deciso dal marito vede scomparire la propria vera identità, costretta com’è a diventare la donna a cui in qualche modo “ha rubato la vita”. Nessuno sa che lei non è la Miriam che era fino a qualche giorno prima, nessuno sa che sua figlia avrà per sempre un altro nome. Nessuno può aiutarla. Non può tornare indietro, ma così non può andare avanti. Fino a che qualcosa di imprevisto non riporta tutto al punto di partenza, dove tutto, forse, può ricominciare. 

 

TI RUBO LA VITA
Cinzia Leone
Mondadori, 615 pp., 20 euro

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.