915. La battaglia del Garigliano

Roberto Persico

Marco Di Branco
il Mulino, 288 pp., 22 euro 

C’è storia e storia. Ci sono storie continuamente raccontate, rievocate, sottolineate. E ci sono storie dimenticate, perdute, facilmente anche adulterate. Alla seconda categoria appartiene la vicenda ricostruita in questo prezioso libretto: la campagna condotta dagli arabi nel IX secolo per la conquista dell’Italia. La quale è stata catalogata dal padre degli studi della presenza islamica nel meridione d’Italia, Michele Amari, sotto il “paradigma della scorreria”: una lunga serie di incursioni piratesche, senza altra finalità che la razzia e il saccheggio; e in questa prospettiva si è sempre mossa la storiografia successiva. Le cose invece – spiega Marco Di Branco, studioso di storia romana, bizantina e islamica, oggi docente alla Sapienza e a Beirut – stanno in modo ben diverso: “Tutta la vicenda delle scorrerie islamiche nell’Italia meridionale nel IX secolo fu una vera e propria guerra di conquista messa in atto dall’élite aghlabita, tentando di sfruttare le divisioni politiche presenti all’interno della penisola”.

 

Certo, non fu un tentativo di invasione in stile moderno, con uno sterminato esercito all’attacco in una battaglia campale; ma questa è la tattica di guerra che gli arabi hanno adoperato sempre. Tutte le loro conquiste infatti, dalla Siria alla Spagna, si sono svolte secondo la medesima strategia: veloci attacchi, rapide ritirate, violenti saccheggi, fino a fiaccare la resistenza del nemico e a sottometterlo definitivamente; sempre approfittando delle contese fra le popolazioni locali, dei contrasti fra chi vuole resistere e chi preferisce accordarsi. In questo senso, l’Italia non fa eccezione. Agli inizi del IX secolo ci sono infatti città – Napoli e Amalfi su tutte – che intrattengono coi saraceni ottimi rapporti commerciali, e che tutto vogliono fuorché combatterli; e ci sono signorotti, come Radelchi e Siconolfo, che negli anni 40 del secolo si contendono il ducato di Benevento, che non esitano ad arruolare per i loro scopi truppe “infedeli”. Inserendosi dunque nelle contese locali, gli arabi avviano una serie di campagne che li conducono nell’840 a conquistare Taranto, nell’846 a saccheggiare le chiese di San Pietro e San Paolo, allora fuori dal perimetro delle mura di Roma – e proprio per evitare il ripetersi dell’evento Papa Leone IV farà costruire le Mura leonine, un paio d’anni dopo a impadronirsi di Bari, dove fondano un vero e proprio emirato, a cui anche il più potente signore dell’Italia meridionale, il duca di Benevento, dovrà sottomettersi. Il contrattacco dei cristiani durerà a lungo, a lungo sarà minato dalle contese fra loro, e si concluderà solo nel 915, con la battaglia del Garigliano che dà titolo al libro.

 

La complessa serie di eventi è ripercorsa da Di Branco con un continuo riferimento alle fonti, latine, islamiche e bizantine; il risultato è una ricostruzione puntuale che getta una luce per molti aspetti nuova su una vicenda tutt’altro che marginale per la costruzione dell’Europa medievale e non solo.

 

915. LA BATTAGLIA DEL GARIGLIANO
Marco Di Branco
il Mulino, 288 pp., 22 euro

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