recensioni foglianti

Quella metà di noi

Flaminia Marinaro

Paola Cereda
Perrone, 222 pp., 15 euro

Ognuno di noi ha una vita pubblica, una privata e una segreta. Ed è giusto che sia così perché “ci sono segreti che esistono per il piacere di essere raccontati e altri che si trascinano appresso la vergogna” mentre altri non meritano la dignità di essere rivelati. La pensa così Matilde Mezzalama, protagonista dell’ultimo romanzo di Paola Cereda, quando accetta di lavorare come badante per far fronte a un cambio di passo che arriva improvviso nella sua vita. Non è il perché di quello che è accaduto a destare l’interesse dell’autrice, anche se quella dinamica nasconde un retroscena, bensì ciò che si scatena nella testa dei suoi protagonisti, dopo. Dopo aver perso credibilità, aver perso denaro, gli affetti, dopo essere diventati in qualche modo inutili.
Matilde Mezzalama vive nella grande Torino e ogni mattina prende il tram dalla periferia, dal quartiere Barriera di Milano, un non-luogo che condiziona le esistenze e che resta appiccicato alla pelle come un tatuaggio, e raggiunge il centro della città, la versione elegante della vita, dove le case sono arredate con lampadari di cristallo a goccia, tappeti pregiati e mobili antichi. E’ lì che abitano i coniugi Dutto, ed è lì che Matilde dovrà prendersi cura dell’ingegner Giacomo, costretto in sedia a rotelle dopo essere stato colpito da un ictus. E lo farà di nascosto, in segreto, perché di questa nuova condizione, Matilde, prova vergogna.
Su questa trama, apparentemente semplice, l’autrice disegna uno spaccato sociale forte e tagliente in cui la solitudine ha un ruolo centrale. Ogni personaggio è un incompiuto in cerca di altro mentre sprofonda nelle proprie aspettative, nel proprio egoismo e in “quella metà di noi” che non è disposto a concedere a nessun altro. Matilde diventa baricentro di aspirazioni, rivendicazioni e di amarezze.
Si trova a dover fare i conti con sua figlia Emanuela troppo impegnata a cancellare Barriera dalla propria vita per assolvere sua madre dal reato di aver cercato di crearsene un’altra, con Laura la moglie di Giacomo che ha barattato la mancanza d’amore con il vizio del gioco, con Dora la cameriera romena che in qualche modo si sovrappone a Laura e soprattutto con Giacomo che trova in lei finalmente, negli ultimi momenti di un’esistenza complicata l’unico appiglio, l’unica persona, una semplice badante, in grado però di colmare il vuoto quotidiano spesso con la complicità del silenzio.
E’ graffiante ed elaborata la penna di Paola Cereda, psicologa prima ancora che scrittrice – elemento, questo, che risulta decisivo –, nel raccontare con tanta umanità la miseria umana e restituire al lettore queste “vite minuscole” riscattate da un destino che sembrava già scritto. Da uno scenario inizialmente davvero inverosimile e improbabile il racconto scivola in una visione tutta nuova, naturale e onesta in cui la protagonista scardina gli schemi precostituiti riuscendo con successo ad abbattere ogni tipo di barriera, non solo quella geografica.

 

QUELLA META' DI NOI
Paola Cereda
Perrone, 222 pp., 15 euro

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