recensioni foglianti

Non qui, non altrove

Gaia Montanaro

Tommy Orange
Frassinelli, 326 pp., 18,90 euro

Ci sono scrittori che hanno la capacità di intercettare un pezzo di mondo ancora poco conosciuto e di svelarlo con una verità e una vividezza che ne restituiscono tutto il fascino e la forza dirompente. L’esordio letterario di Tommy Orange fa esattamente questo. Pone l’attenzione su qualcosa di inedito – anzi forse ignorato – come la popolazione degli indiani d’America che vivono nelle grandi città (dove “la vita pullula di mostri innocenti”, come recita Baudelaire in uno degli eserghi) e restituisce alle loro esistenze una fulgida complessità. Questi sono i nativi che spesso per ricostruire le loro origini guardano video su YouTube, che vengono scambiati per messicani e che sentono su di loro uno stigma sociale fortissimo. E trovano paradossalmente la loro identità nella mancanza di nostalgia per le loro origini sconosciute. Sono un’umanità varia, ricca e inquieta, tenuta insieme nel racconto dal desiderio di partecipare al powwow, il grande raduno che ogni anno richiama migliaia di nativi americani in California, in ricordo della nazione perduta. Tra questi troviamo Tony, ventunenne affetto da sindrome feto-alcolica e giovane spacciatore, Bill veterano del Vietnam, Calvin che ha debiti di droga. E ancora l’ex tossica Jacquie con una figlia morta da piccola e un’altra data in adozione, Dene che vuole realizzare un documentario in memoria dello zio e Opal che da bambina ha partecipato all’occupazione di Alcatraz insieme alla madre e alla sorella, tormentata da un’inquietudine esistenziale contro la quale cerca di combattere tenendosi occupata, distraendosi e poi distraendo la distrazione come per creare due gradi di separazione. Sono le vite di protagonisti accidentati e sempre in lotta, “che conoscono il rumore dell’autostrada meglio del suono dei fiumi” e che appartengono non a un luogo fisico ma a una memoria collettiva, stampata sulla loro pelle e nei loro cognomi. “Essere indiano non ha mai significato il ritorno alla terra. La terra è ovunque e da nessuna parte”.
Tommy Orange ha l’abilità dei grandi scrittori di creare una molteplicità di personaggi, sfaccettati e veri, che via via diventano singolarmente i punti di vista della storia. La ricerca di un’identità personale prende quindi la forma di una coralità di singoli che con le loro storie e voci tratteggiano il volto di una identità collettiva, multiforme ma definita. Sono personaggi che scelgono di restare, rivendicare e tornare – non a caso queste tre parole scandiscono le sezioni del romanzo – che guardano il mondo con il desiderio di appartenere ma spesso senza trovare una collocazione a questo desiderio. La scrittura di Orange apre degli squarci in questo desiderio, fotografando le esistenze dei protagonisti in momenti anche crudi ma sempre determinanti invitandoci a guardare e quindi in qualche modo a partecipare. “Tutti i racconti che in tutto questo tempo non abbiamo narrato, che non abbiamo ascoltato, fanno semplicemente parte di ciò che dobbiamo guarire”. Eccola, la voce di Orange.

 

NON QUI, NON ALTROVE
Tommy Orange
Frassinelli, 326 pp., 18,90 euro

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