recensioni foglianti

Olga

Alessandro Moscè

Bernhard Schlink, Neri Pozza, 221 pp., 17 euro

Bernhard Schlink è considerato tra i maggiori scrittori tedeschi contempoeranei. Con Olga ha scritto un romanzo storico che resta, però, un libro disseminato di sentimenti onesti e malsani, intessuto di vicende private, dove la natura supera gli accadimenti pubblici e il corpo e lo spirito non si lasciano trascinare dal viluppo di una devastante guerra. Siamo a Breslavia, nel sud-ovest della Polonia, agli inizi del secolo scorso: la vita di una bambina di nome Olga viene sconvolta dalla perdita dei genitori. Verrà affidata a una nonna dal carattere duro, poco incline a soddisfare le richieste della ragazzina (alla quale vorrebbe perfino cambiare nome), che nonostante l’educazione e le attenzioni riservate si sente scissa dal contesto ambientale nel quale si è trasferita: un borgo tedesco della Pomerania sulla costa meridionale del mar Baltico (“Gli uomini agli angoli della strada sembravano aspettare un’occasione, una qualunque. Ogni dieci minuti passavano dei cavalli che trainavano una vettura lungo i binari, e la piccola batteva le mani”). Olga conosce Herbert, un giovane dal forte sentimento nazionalista, di famiglia benestante, ma che cerca la fuga per un irrefrenabile desiderio di libertà. Il loro amore sarà vissuto senza pregiudizi, fatalmente, per agguantare la felicità alla faccia di chi li guarda male a causa delle differenze di estrazione sociale. Herbert è un esploratore che tenta l’avventura prima nel sud-ovest dell’Africa assecondando la volontà dell’imperatore, e poi nei ghiacci del Polo nord. Il suo temperamento appare sulfureo e non si arresta neanche di fronte a un’impresa arrischiata, pur di ottenere la fama. Ha degli ideali sovranisti, di chi “non vuole tradire la missione di tutti i popoli bianchi e danneggiare la patria”. Mentre Olga culla il suo amore affidandosi a un sentimento dolce e malinconico (“cucinava, leggeva, si occupava del giardino, andava a passeggiare”), la Germania cambia i suoi connotati politici e governativi con l’avvento del nazismo. Il mondo diventa “rumoroso” e gli appelli lanciati attraverso gli altoparlanti non hanno nulla a che fare con il bene dell’anima reclamato da Olga, che finirà per adattarsi al mestiere di sarta (“precisa e rapida”) rimodellando vestiti, gonne, camicette smesse. Si prenderà anche cura, affettuosamente, del figlio dei vicini di casa. La delusione della donna per un uomo lontano e indifferente viene stigmatizzata nelle numerose, accorate lettere. “Eri come un bambino travolto dal mondo e dalla vita. Ma i bambini non mettono a repentaglio la propria vita. Si spingono fino all’estremo, non vanno oltre. Già, la tua magia: adesso vedo che era una magia ingannevole”. Olga subisce il Novecento contratto tra aspirazioni e macerie, per cui è stato inutile il tentativo di trarre il meglio, se il destino le ha assegnato la parte dell’oppressa che pure detiene ogni buon senso. Gli eccessi del secolo breve sono inglobati nel cuore di una sola persona: paura, disperazione, estraneità, vicinanza, speranza. L’usignolo che si affaccia di colpo durante una calda estate sembra cantare allegoricamente dell’amore e della morte proprio per Olga, ormai una povera anziana.

 

OLGA
Bernhard Schlink
Neri Pozza, 221 pp., 17 euro

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