recensioni foglianti

La danza dell'orologio

Gaia Montanaro

Anne Tyler
Guanda, 308 pp., 18 euro

La semplicità è complessità risolta. Potrebbe essere questa la frase chiave per descrivere la scrittura di Anne Tyler, una delle più affermate scrittrici del nostro tempo, premio Pulitzer per la narrativa nel 1988, che torna con il suo nuovo romanzo a raccontarci l’America “rurale” e le vite minime – ma non per questo meno rilevanti – di personaggi periferici e poco appariscenti. Questa volta siamo a Tucson e Willa, l’anziana protagonista, vive una vita tranquilla con il secondo marito Peter, dopo essere rimasta vedova del suo unico e grande amore. La perdita di Derek – il primo marito – ha lasciato nella donna un vuoto incolmabile, rendendo la sua vita in qualche modo sospesa e abitata da un dolore costante e sopito. Willa è una professoressa in pensione che ha dovuto abbandonare le proprie aspirazioni professionali e ripiegare sull’insegnamento agli stranieri, che non ha mai davvero combattuto per ciò in cui credeva e ha scelto di vivere alle periferie della sua stessa esistenza, “l’unica donna a porsi l’obiettivo primario di darsi per scontata”. La vita di Willa però cambia per sempre quando una mattina riceve una telefonata inattesa: dovrà prendersi cura, diventando la nonna surrogata, di una bambina di nove anni, Cheryl. La mamma della ragazzina è una ex fidanzata del figlio di Willa e, per una serie di coincidenze, viene contattata la donna per andare a prendersene cura. E Willa accetta la sfida. Con slancio, desiderio di mettersi in gioco e un minimo di incoscienza decide per una volta di rendersi protagonista della sua vita, di buttare il cuore oltre l’ostacolo e di assumersi il rischio di iniziare un’impresa un po’ folle ma che potrebbe riservarle qualche sorpresa. Verrà a contatto con un’umanità varia, con una nipote acquisita decisamente naïf e poco ordinaria, con una città sconosciuta – una Baltimora indubbiamente meno borghese dell’ambiente che Willa era solita frequentare – e proverà a guardarsi per l’infinita possibilità che può ancora essere. Per sé e per gli altri.
La penna leggera della Tyler, che con tocchi minimalisti e grande accuratezza disegna personaggi e situazioni, scava con delicatezza in esistenze apparentemente periferiche dimostrando grande affezione per le vite dei suoi protagonisti. Come tutti i grandi narratori, Tyler rende semplice il complicato, grazie a una scrittura fluida e poco appariscente che però nasconde grande maestria e raffinata semplicità. Anche la scansione temporale del racconto, diviso in una successione di momenti diversi in qualche modo cristallizzati, ferma la vita dei protagonisti in una serie di fotografie che, unite, ci restituiscono un vivido quadro d’insieme. Con ironia e gusto guarda delle esistenze tutto sommato ordinarie che però sono poste di fronte ad una seconda occasione, richiamate da una sfida del reale che chiede loro di scoprirsi, di rendersi vulnerabili, aperte all’imprevisto. “Cercare di capire per cosa vivere. Questo è il grande problema della mia età”, dice Willa. E non solo della sua età.

 

LA DANZA DELL'OROLOGIO
Anne Tyler
Guanda, 308 pp., 18 euro

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