Tutto quello che è un uomo

Gaia Montanaro

David Szalay, Adelphi, 402 pp., 22 euro

"C’è una stagione per ogni cosa, e un tempo per ogni faccenda sotto il cielo". Il tempo con il suo trascorrere è la chiave di volta interpretativa di questo bellissimo romanzo di David Szalay, anche se di romanzo in senso stretto non si tratta. L’autore canadese propone nove racconti, in realtà fortemente inanellati l’uno all’altro, che come una sorta di arco unico ci raccontano frammenti delle esistenze di una serie di uomini in diverse età della vita. Dagli innamoramenti passionali e giovanili di due diciassettenni, ai drammi dell’età adulta fino alle consapevolezze della maturità. I personaggi raccontati si trovano tutti a viaggiare in un paese europeo straniero rispetto a quello di origine e sono posti di fronte a un dramma, a una sfida piccola o grande, alla pressione del mondo.

   

Szalay mette in scena tipi umani molto diversi tra loro, raccontandoli in medias res e spesso in situazioni ordinarie spezzate da un momento di crisi che provoca in tutti loro un riverbero emotivo, a volte trattenuto a volte esploso. Sono uomini accomunati da un forte senso di urgenza, sfidati da una realtà spesso confusa che li pone di fronte a una scelta o semplicemente al fluire delle cose, allo scorrere del tempo che nella pazienza rivela e svela. E’ un libro pieno di dettagli, fulgidi e ordinari, che contribuiscono a dare un forte senso di realismo alla narrazione, tanto che le pagine scorrono via senza sosta e alla fine della corsa quello che resta in mano è un volto delineato. Il volto di un uomo. Un uomo fatto da mille altri uomini, dalla somma dei personaggi incontrati che sono parti dello spettro che costituisce l’essenza umana. Si percepisce un senso di unità e insieme di svuotamento, si lambiscono vite lontane che anche solo per un attimo diventano famigliari, per un dettaglio piccolo o per un momento di emozione, “perché si impara ad amare quel che c’è, non quel che non c’è. Come fai a vivere altrimenti?”.

 

Ed è questa l’umanità che colpisce, questa sorta di pragmatismo affettivo che inchioda al presente, a quello che c’è. Ci si affeziona a uomini lontani, in parte alieni, che cadono, sbagliano, si contraddicono, amano “male” ma amano. Si arrischiano, non sono spettatori della vita. Spesso si chiedono letteralmente “e se vivo cosa succede adesso?”. Sono uomini pieni di domande, di fragilità, di incomprensioni. Che vengono travolti dalla realtà, che si arenano. Che, tremanti, cercano una seconda occasione. Ma sono uomini vivi. Szalay ci racconta di un tempo che è il nostro tempo, che riconosciamo ma che a volte sentiamo non appartenerci e ha la bravura di farlo tenendo insieme lucidità ed emozione, esaltando le contraddizioni come la parte più umana e vera di noi. Parla al presente, alla nostra contemporaneità, alle mutevoli situazioni particolari che diventano simili nella loro distanza. “Time will say nothing but I told you so, time only knows the price we have to pay; if I could tell you I would let you know”. Solo il tempo rivela. Tutto quello che è un uomo.

 

TUTTO QUELLO CHE E' UN UOMO
David Szalay
Adelphi, 402 pp., 22 euro

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