recensioni foglianti

L'arte della matematica

Edoardo Rialti

Simone e André Weil
Adelphi, 192 pp., 14 euro

Nessuno entri se non sia geometra”, era il monito all’ingresso dell’Accademia di Platone. Per Simone Weil le discipline matematiche provavano l’esistenza di Dio, senza che a ciò si attribuisse un valore rigidamente dimostrativo che per lei costituiva una riduzione successiva delle stesse algebra e geometria. Queste erano state il fulcro filosofico della rivelazione greca, una sapienza teologica eterna che rendeva le loro intuizioni e le dottrine più cristiane dell’ebraismo stesso (e del connubio con la potenza romana che aveva contaminato il cattolicesimo). La proverbiale leva di Archimede poteva essere letta in chiave metafisica giacché i greci avevano davvero trovato una chiave d’accesso per sollevare il cosmo: “Agli occhi dei pitagorici (e di Platone) le matematiche erano una condizione per la somma virtù (e in quanto tali andavano tenute segrete). E’ evidente che l’algebra pura non è utile a questo scopo. Ciò che è utile, a questo scopo, è lo studio – rigorosamente matematico, ossia metodico e senza approssimazione – dei problemi realmente posti dal mondo e dall’azione sul mondo. La geometria è scienza applicata, benché si tratti di applicazione teorica, se è lecito esprimersi così”. Per Weil, il rapporto tra numeri e infinito o le scoperte di Pitagora sul triangolo rettangolo costituivano altrettante variazioni d’un’unica grande riflessione su quel concetto di mediazione (così lei traduceva “logos”) che già Platone del Timeo legava al Creatore divino e che il vangelo di Giovanni avrebbe fatto coincidere col Cristo. Proprio tali intuizioni, sfide e implicazioni si dipanano in questo splendido, intenso e divertente carteggio col fratello maggiore, prestigioso matematico che nel ’40 era in carcere per renitenza alla leva per ragioni di studio. Uno scambio tra menti affini e al contempo molto diverse, tra un esperto e una profana altrettanto geniale, un dibattito che rievoca e comprende babilonesi ed egizi, il teatro di Racine e le ellissi, le implicazioni del concetto di incommensurabile e i misteri di Eleusi. “Forse all’inizio ti sembrerà di capire; poi non capirai più niente” ammonisce André Weil, ma chi fosse a digiuno o in difficoltà con simili materie non si deve spaventare, né dovrebbe sottrarsi. Un simile dialogo non è affascinante e godibile nonostante la sua complessità, ma proprio in virtù di essa. Non è l’ultimo dei suoi pregi quello, appunto, di liberare il lettore dalla mera necessità di comprendere. E’ una delle intuizioni più significative della stessa Weil – esplicitata in Attesa di Dio – che la difficoltà d’un problema, che magari resti irrisolto, non costituisca una frustrante frase A che precede la B della soluzione, ma uno stato dell’essere nel quale è già immensamente fruttuoso restare, perché costituisce già l’unico livello che conta, quello della meditazione silenziosa, della dedizione e dell’attenzione spirituale, l’unico orizzonte dove, per dirla con Montale, ci troviamo già nel mezzo della verità, oltre ogni dimostrazione. 

 

L'ARTE DELLA MATEMATICA
Simone e André Weil
Adelphi, 192 pp., 14 euro

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