recensioni foglianti

Contro il self-help

Federico Morganti

Svend Brinkmann
Raffaello Cortina, 176 pp., 15 euro

Siamo soliti consigliare la lettura di un saggio quando ne condividiamo le tesi. Spesso non ci pensiamo, ma i motivi possono essere anche altri. Magari il fatto che ci permette di apprezzare meglio il punto di vista di chi non la pensa come noi. O che sentiamo di poter meglio argomentare a favore delle nostre opinioni. Il libro dello psicologo danese Svend Brinkmann – che Raffaello Cortina offre in traduzione italiana dopo un notevole successo all’estero – muove da una critica della società moderna che abbiamo sentito fin troppo spesso. Nella modernità “liquida” le persone vivono sradicate, sempre in movimento, sempre alla ricerca di esperienze sensoriali nuove, addestrate a un costante atteggiamento positivo perfino sul lavoro. Ma proprio per questo più facili allo stress. I life coach, i guru della mindfulness, i libri di self-help e talvolta la stessa psicoterapia costituiscono l’armamentario con cui le persone cercano di adattarsi a questa “cultura dell’accelerazione”: introspezione, apprendimento continuo, pensiero positivo sono alcuni tra i mantra di questa filosofia del successo e del miglioramento costante, nella vita personale come sul lavoro. Se siamo infelici o stressati, insomma, è anche questa colpa del capitalismo.

 

Quello di Brinkmann è un efficace libro di self-help contro il self-help che intende rivalutare atteggiamenti che, a suo avviso, tendiamo spesso a mettere da parte: il valore delle emozioni negative, come la malinconia o la tristezza, o la vita tranquilla, contrapposta alla ossessiva ricerca del nuovo. La possiamo leggere, se vogliamo, come una filosofia della pigrizia: non c’è nulla di male se per una volta rinunciamo a un’esperienza per starcene in pantofole a guardare una serie tv. Ma Brinkmann, che si richiama allo stoicismo di Seneca e Marco Aurelio, la vede piuttosto come riconquista di una stabilità interiore da cui dovrebbe nascere una maggiore consapevolezza dei propri limiti, oltre a una maggiore attenzione alle nostre responsabilità morali verso gli altri.

 

Ma a ben vedere il self-help, la mindfulness e tutte quelle pratiche che al self-help si richiamano sono debitrici il più delle volte proprio di quell’anticapitalismo che Brinkmann sente vicino, e che vede nella crescita e nel consumismo altrettante cause di smarrimento o nevrosi. Ciò non toglie che, se ci sforziamo di ignorare questa patina anti progresso e anti crescita, alcuni dei consigli del libro possiamo persino trovarli utili. Non è sbagliato suggerire che l’enfasi sul pensiero positivo a ogni costo può essere controproducente: chi è infelice o negativo potrebbe concludere che la colpa sia sua, ed entrare in una spirale di negatività ancora più rovinosa. Ed è anche vero che la smania di migliorarsi può essere necessaria in alcuni periodi della nostra vita, ma a volte abbiamo bisogno del contrario: sentirci in pace con noi stessi, non perché ci riteniamo perfetti, ma perché siamo scesi a patti coi nostri limiti.

 

CONTRO IL SELF-HELP
Svend Brinkmann
Raffaello Cortina, 176 pp., 15 euro

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