recensioni foglianti

Isabel

Giuseppe Fantasia

John Banville
Guanda, 391 pp., 19 euro

E’sempre azzardato, oltre che complicato, riprendere una storia che ha appassionato milioni di persone in tutto il mondo, tra libro e film, letteratura e cinema, e scriverne il seguito, ma in alcuni casi – e questo ne è uno – la riuscita è possibile. John Banville, autore di una ventina di romanzi premiati con un numero indescrivibile di riconoscimenti (su tutti, il Man Booker Prize per Il mare), voleva riscattare Isabel Archer, scrivere un sequel di Ritratto di Signora di Henry James e – finalmente – liberarla. Per farlo, su suggerimento della moglie che lo segue in giro per il mondo tra presentazioni, festival e conferenze, si è calato alla perfezione nell’atmosfera e nell’ambientazione descritta in modo meraviglioso dal raffinato scrittore e critico letterario statunitense naturalizzato inglese e ce la presenta pronta e decisa ad abbandonare il sole romano, perché “vi era in lei la sensazione che la vita sarebbe stata affar suo ancora per molto tempo”. Basta ombre, basta malignità e invidie che circondavano la crudele personalità di suo marito, Gilbert Osmond – su tutte, l’amante Serena Merle – basta bugie, frasi non dette, basta incomprensioni e discussioni. Isabel, per tutti Mrs Osmond (che è poi il titolo originale del libro), si sposta in Inghilterra, prima a Gardencourt – per dare l’estremo saluto a suo cugino Ralph Touchett, amico e confidente, da anni innamorato di lei – e poi a Londra – dove preleva una cospicua somma di denaro in banca sconvolgendo non poco gli impettiti funzionari in tight e ghette. Fuori dall’edificio, dall’alto dei gradini che sovrastano la strada, comincia a respirare in maniera diversa e a sentire che una rinascita è possibile. E’ quella la felicità di cui aveva letto nei romanzi? Sicuramente si tratta di libertà, una nuova ossessione che, nel suo caso, basta poco per far diventare magnifica.
Largo alla signora (oramai ex) Osborne, che chiude i conti con il passato per prendere finalmente in mano il proprio destino, “senza più dilapidare se stessa fino alla bancarotta emotiva e spirituale”. Largo a quell’eroina raffinata che reagisce con un sorriso “sapiente e ambiguo” trovando rifugio solo in se stessa, “come fra le pieghe di un’ampia mantella avvolgente”. La penna di Banville la tratteggia senza tralasciare dettagli essenziali, dall’abbigliamento all’ambiente, pensieri commpresi, usando spesso un’ironia che non appesantisce mai la lettura, ma la aiuta, rendendola più piacevole. Ci regala nuovi personaggi (come la suffragetta Florence Janeway) che con quelli che conosciamo già formano un quadro che si può solo ammirare. Alcune persone sono spesso usate dagli altri e non possono vivere serenamente e liberamente la propria vita. Uno come Henry James ha dimostrato di saperlo molto bene e di conoscere il male in maniera profonda. Banville non lo imita, ma continua su quel filone creando a suo modo un romanzo sulla natura del male. Una possibilità di riscatto è sempre possibile, anche se si è giunti alla fine.

 

ISABEL
John Banville
Guanda, 391 pp., 19 euro

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