recensioni foglianti

Filosofia del futuro. Un'introduzione

Federico Morganti

Samuele Iaquinto e Giuliano Torrengo
Raffaello Cortina, 172 pp., 17 euro

Le nozioni di interesse filosofico hanno spesso un significato intuitivamente semplice. Il concetto di futuro non fa eccezione: futuro è ciò che deve ancora accadere, passato è ciò che è già accaduto e presente ciò che sta accadendo in questo momento. Per altre nozioni filosoficamente rilevanti – lo spazio, la mente, l’intelligenza – esiste un livello di comprensione essenziale che fa sì che nell’usare quei termini ci capiamo: ed è un bene, giacché il parlare comune presuppone che nell’usare gli stessi termini ci si stia riferendo alla stessa cosa, e per essere comprensibile da tutti un concetto dev’essere ragionevolmente semplice. Ma a dispetto della sua semplicità, capire cosa sia il futuro (e più in generale il tempo) all’interno di ciò che chiamiamo “realtà” è tutt’altro che banale. Siamo abituati all’immagine del tempo che scorre, ma possiamo considerarla “una genuina caratteristica della realtà?”. Né si tratta di un problema soltanto filosofico, giacché la fisica relativistica ha reso desueta l’idea del tempo come mera “scatola” in cui gli eventi hanno luogo. Come caratterizzare, dunque, l’ontologia del futuro? Hanno ragione i presentisti, che affermano che soltanto il presente gode di realtà ontologica, cosicché l’idea che il presente si muova lungo la linea del tempo non è che una metafora? O gli incrementisti, secondo i quali sono reali solo il passato e il presente? I fossili non testimoniano forse la “realtà” dei dinosauri? O magari gli erosionisti, che ritengono esistano solo il presente e il futuro: è del resto il futuro, e non il passato, a essere nelle nostre mani. E ancora, il futuro è da considerarsi aperto o chiuso? E in che modo dovremmo caratterizzare quest’apertura? Gli interrogativi filosofici sul futuro non sono soltanto ontologici e metafisici, ma anche etici. Molte nozioni dell’etica presuppongono una qualche idea del futuro. La responsabilità, ad esempio, sembrerebbe richiedere una qualche indeterminatezza del futuro. Eppure alcuni filosofi, detti compatibilisti, ritengono che anche se le azioni umane sono spiegabili in termini di leggi naturali, e anche se il corso della natura fosse interamente deterministico, rimarrebbe un senso in cui le nostre azioni sono imputabili a noi. In tal caso, resteremmo responsabili delle nostre azioni anche se il futuro fosse chiuso. Se invece siamo incompatibilisti, e riteniamo che il libero arbitrio sia una sorta di rottura dell’ordine naturale, allora ci troveremo più a nostro agio con l’idea che il futuro sia aperto, o ramificato, e che le nostre azioni possono in qualche modo influenzarlo.
Samuele Iaquinto e Giuliano Torrengo, in questo recente saggio edito da Raffaello Cortina, non si schierano, e fanno quello che una buona introduzione dovrebbe sempre fare: restituire un assaggio di un problema, senza tradirne la complessità.

 

FILOSOFIA DEL FUTURO. UN'INTRODUZIONE
Samuele Iaquinto e Giuliano Torrengo
Raffaello Cortina, 172 pp., 17 euro

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