recensioni foglianti

Sull'orlo del cratere

Roberto Paglialonga

Luigi Malerba
Mondadori, 205 pp., euro 12

Una risata vi seppellirà, si diceva. Luigi Malerba non ha dubbi: contro il conformismo dell’“Era Unipolare”, sbertucciata nel racconto “Sull’orlo del cratere” che dà il titolo a questa raccolta di componimenti brevi in prevalenza degli anni 60 e 70, e le ingessature grigie del potere quando si fa burocrazia: ridere, ridere, ridere ancora. Bella novità, in un paese in cui il comico abbonda. Il punto è che qui non s’intende la volgarità truce di quei guitti da tv, che per strappare il moto di un labbro hanno spesso bisogno di ricorrere alla parolaccia sguaiata. Quanto l’ironia sferzante, in punta di penna, che nasce dal grottesco e strappa quel sorriso agrodolce a chi sa riconoscere le proprie mancanze senza magari avere la forza di riaversi.
Il parmense Bonardi, alias Malerba appunto, compagno dei neoavanguardisti del “Gruppo 63”, sceneggiatore, collaboratore del “Mondo” post pannunziano, famoso in particolare per Salto mortale e Il serpente, produce con tocco ricco di intelligenza e delicatezza, piccole narrazioni antirealiste – sulla scia di una definizione del critico letterario Antonio Piromalli – alla cui organizzazione lavorerà fino alla morte avvenuta nel 2008. Spaccati di realtà senza una meta precisa, che mettono a nudo gli infiniti paradossi del quotidiano e infrangono quel pensiero unico al quale ciascuno, bene o male, si sente comodamente avvinto. Come nella vicenda del signor Barberis, che subisce l’emarginazione sociale per avere osato mettere in mostra ciò che tutti possiedono, ma nessuno ha il coraggio di far vedere: una mitologica coda cavallina da fare invidia a un ellenico centauro, che, appena scoperta, è “come la lebbra, anche peggio”. O realizzano lo sberleffo ai danni di chi ritiene di sapere già tutto: quella sonora pernacchia che fa tanto principe De Curtis e lascia così, con un palmo di naso. Come fa il navigato politico romano che, alla sua morte, pur avendo sempre vissuto in assoluta morigeratezza, lascia in eredità alla moglie svariati possedimenti e, soprattutto, un miliardo di lire da spendere in messe cantate, perché possano aiutare la sua anima a transitare velocemente dal Purgatorio al Paradiso e “perché sono più spettacolari e sono sicuro che a Dio piace un po’ di spettacolo”.
Quale disagio crea la rottura di un disegno preordinato e dis-umano, quindi impositivo e controllabile. Viene il sospetto che la capacità di sorridere, ultimo baluardo d’intelligenza, sia direttamente proporzionale alla capacità di desiderare la felicità. E, con buona pace di Malerba, di Campanile, di Guareschi, che relegare la letteratura umoristica negli scaffali dei generi minori sia funzionale a mantenere sotto la soglia di galleggiamento il guizzo che dà respiro alla vita. Meglio la pesantezza del livore che, oggi, nutre tutto e tutti in un unico piattume.
Come per il politico miliardario del racconto, non rimane che sperare che anche Dio abbia letto Machiavelli: e che possa perdonarci. Nonostante tutto.

 

SULL'ORLO DEL CRATERE
Luigi Malerba
Mondadori, 205 pp., euro 12

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