recensioni foglianti

La chiara fontana

Angiolo Bandinelli

David Bosc, L'Orma, 122 pp., 13 euro

Una biografia? Un romanzo? Né l’una né l’altro, ma qualcosa dell’una e dell’altro, in queste brillanti pagine liberamente ispirate agli ultimi quattro febbrili anni di una vita febbrile, quella di Gustave Courbet, il grande pittore francese che il pubblico medio conosce se non altro per quel suo quadro che fece, e ancora fa, scandalo perché il suo titolo, “L’origine del mondo”, rimanda alla fotografica immagine di genitali femminili in dissacrante primo piano. Courbet fu però, al di là dell’episodio, il riconosciuto caposcuola del realismo ottocentesco, spesso sfociante in un crudo naturalismo che recupera alla pittura i ceti sociali più umili, i volti della gente di strada, gli spaccapietre dagli abiti stracciati, gli abitanti di un paesino assiepati ad assistere al funerale di un contadino disteso a fianco della fossa, scavata in primo piano nel grande “Funerale a Ornans”: 315 cm. per 668 di tela folta di 27 personaggi, tutti gli abitanti del paesino, colti nella loro piena fisicità. Courbet lanciava, con quelle immagini, un messaggio sociale. Prese parte all’episodio della socialisteggiante Commune, fu accanito fautore dell’abbattimento della colonna Vendôme, orgoglio di Napoleone III. Quando la Commune venne schiacciata dall’esercito, Courbet fu processato dal Tribunale militare di Versailles per le responsabilità nell’abbattimento della colonna. Si difese sottolineando il suo ruolo nella salvaguardia del patrimonio artistico parigino dai pericoli e danni della guerra. Condannato a risarcire le spese per la ricostruzione della colonna, preferì la via dell’esilio in Svizzera, dove morì appena quattro anni dopo. Tempi difficili; lo stesso giorno in cui Courbet varcava il confine svizzero (23 luglio 1873), Arthur Rimbaud varcava la frontiera francese in ottemperanza dell’ordine di espulsione comminatogli da un giudice belga. Anche in esilio Courbet restava pericoloso: la polizia lo spiava, mandava rapporti alle autorità. Il libro di David Bosc immagina, o meglio inventa, non le vicende quanto episodi immaginari, ma vibranti di vita, del tormentato quotidiano del pittore, speso tra le tele, le serate con amici borghesissimi, i bicchieri di vino bianco tracannati, i bagni con cui rinfrescava “in tutti i corsi d’acqua, in tutti i ruscelli, fiumi e laghi che non erano stati colpiti dal gelo o annientati dalla siccità” quel suo corpaccione rigonfio che lo porterà alla morte, tra cirrosi e idropisia. Courbet era sempre stato un personaggio estremo, dalle violente pulsioni antiborghesi ma anche vitalistiche; ora, nella triste condizione dell’esiliato, si abbandona completamente agli eccessi dell’alcol. Intorno al pittore, Bosc introduce bozzetti di quanti gli sono intorno, discepoli e seguaci non troppo bravi, qualche silhouette femminile; in filigrana, appaiono e scompaiono figure come Baudelaire o Rimbaud, che con Courbet ebbero dimestichezze, così ricostruendoci una società unica, irripetibile, fondamentale nella costruzione del “moderno”, quale fu la società artistica parigina del Diciannovesimo secolo.

 

LA CHIARA FONTANA
David Bosc
L’Orma, 122 pp., 13 euro

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