recensioni foglianti

Il mondo inquieto di Shakespeare

Francesco Musolino

Nail MacGregor
Adelphi, 315 pp., 22 euro

Gli oggetti hanno uno strano potere: li fabbrichiamo e poi ci cambiano la vita, una verità che da sempre le grandi religioni hanno compreso e sfruttato”. Lo scrive Neil MacGregor nell’introduzione del suo nuovo libro, Il mondo inquieto di Shakespeare. Dopo aver conquistato il pubblico con La storia del mondo in 100 oggetti, MacGregor stavolta ha scelto i testi di William Shakespeare e il mondo del teatro, componendo un racconto in 20 capitoli. Si tratta di “un dialogo a tre voci fra gli oggetti in sé, le persone che li usavano o li guardavano e le parole del drammaturgo”; è vero, sappiamo poco del Bardo, ma l’autore racconta il contesto del suo successo scegliendo una via stravagante che conquista il lettore. “L’ambizione di questo libro – scrive MacGregor – non è quella di capire un uomo, ma la generazione di uomini nati in Inghilterra attorno al 1560”. Eccolo il pubblico che assisteva alle tragedie al Globle Theatre di Londra, in un mondo radicalmente diverso e in transizione. I protagonisti non si trovano sul proscenio, dunque, ma in platea, sulle rigide panche di legno. E gli oggetti scelti – una spada, un calice e una medaglia; il modellino di una nave e una forchetta dai rebbi appuntiti; l’occhio di un martire cattolico incastonato in un reliquiario d’argento e lo schizzo di una bandiera – sono eccezionali o d’uso comune. Ma ciò che conta è che proprio mediante essi, guidati dall’autore, ripercorriamo a ritroso il tempo sino alla tumultuosa epoca elisabettiana, guardano al passato attraverso la lente sporca, sbeccata della vita. Pagine patinate e numerose illustrazioni arricchiscono ulteriormente i testi di pregevole fattura, dissertazioni colte e scritte in punta di penna, capaci di far appassionare il lettore, guidati con mano sicura fino al colpo di scena finale, giungendo davanti alla cosiddetta Bibbia di Robben Island. Si tratta, invero, della copia delle opere complete del Bardo – travestita da testo sacro indù – che arrivò nelle mani di Nelson Mandela, rinchiuso nel carcere al largo di Città del Capo. MacGregor ci pone dinanzi agli oggetti, stuzzica la nostra curiosità con il calice di Stratford, lo specchio magico del mago scienziato John Dee, il modellino di una nave, la medaglia che celebra la circumnavigazione della Terra e la reliquia montata in argento dell’occhio del beato Edward Oldcorn. E poi nel quinto capitolo centra l’attenzione su spade, spadini e pugnali, rivelando che “al tempo di Shakespeare capitava di assistere a un duello recitato sul palcoscenico e un attimo dopo, appena usciti da teatro, di rimanere immischiati in un duello vero”. MacGregor mescola agevolmente aneddoti legati alla nobiltà e alla gente comune – una rara forchettina da dessert con un misero berretto di lana – narrando la vita quotidiana dei tempi che furono, irrequieta e sicuramente irripetibile. E se, come ammette l’autore, “non si può entrare nella testa di Shakespeare”, che permane misterioso e affascinante nei secoli, capace di trasportarci ovunque nel tempo con le sue opere, è possibile solleticare la nostra reazione con i feticci di quel teatro, capovolgendo – qui sta il suo genio – il punto di vista a proprio vantaggio. 

 

IL MONDO INQUIETO DI SHAKESPEARE
Nail MacGregor
Adelphi, 315 pp., 22 euro

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