Recensioni foglianti

Giorgiana Masi. Indagine su un mistero italiano

Salvatore Merlo

Concetto Vecchio
Feltrinelli, 225 pp., 18 euro

Caduta di schianto in mezzo all’incrocio, a braccia avanti, la testa verso Trastevere, i piedi verso il ponte”. Se ne andò così, a diciotto anni, Giorgiana Masi. Era il 12 maggio 1977, e la ragazza morì colpita alla schiena da un proiettile, al termine di un pomeriggio di violenze deflagrate a margine di una manifestazione del Partito radicale vietata dalle autorità. Chi uccise Giorgiana? E perché?
E’ bello, e appassionante, questo libro di Concetto Vecchio, Giorgiana Masi. Indagine su un mistero italiano (Feltrinelli). E non solo perché investiga a fondo e senza pudori gli errori e gli arroccamenti della società italiana e della politica intorno a quel fatto di sangue – non a caso a lungo trascurato – in cui l’assassino fu uno, ma le colpe politiche e morali furono plurime all’interno di una generazione che poi ha occupato posti di primo piano, di potere, in Parlamento, nelle istituzioni, nel giornalismo e nelle università.
Il libro è bello perché si legge come un romanzo, intessuto di scrittura nuda e vestita, con il passo intrecciato dell’inchiesta alla Ermanno Rea di “Mistero napoletano”, ovvero un’indagine privata che a poco a poco si fa storia collettiva, un assolo che diventa sinfonia cupa d’uno dei momenti più bui della storia nazionale: l’Italia del ’77, un paese impazzito nel quale la polizia spara, i manifestanti sparano e persino negli stadi c’è chi lancia bombe a mano. Scrisse Pietro Nenni sul suo diario: “Sul Ponte Garibaldi gli studenti si sono asserragliati dietro una barricata. Si è sparato dalle due parti. Nella circostante piazza Belli una giovane manifestante, Giorgiana Masi, raggiunta da una pallottola all’addome, è morta. Un colpo della polizia dicono gli studenti e i Radicali. Un colpo dei manifestanti, dice la polizia. Il ministro degli Interni poteva e doveva evitare tumulti autorizzando se non la manifestazione per lo meno la raccolta di firme a piazza Navona, i Radicali dovevano prevedere l’infiltrazione dei terroristi. Così dice il buon senso, merce ormai introvabile”.
Ed è in questa mancanza di buon senso, in questa storia piena di omissioni e d’imbarazzi, in questo paese arrivato a un’esistenza di tipo sudamericano, che Concetto Vecchio fa sfilare davanti a se stesso, e davanti ai nostri occhi di lettori, giornalisti, politici, testimoni, giudici e avvocati, ma soprattutto Cossiga e Pannella, ritratti in alcune pagine esemplari per densità narrativa.
Ma insomma chi diavolo uccise Giorgiana? “Eh”, risponde Pannella. E’ stata la polizia? “Può essere. Oppure un carabiniere. Chissà. Ma in ogni caso fu il gesto di un singolo, un gesto senza calcolo, un gesto casuale che non venne stabilito in nessuna riunione”. E allora qual è stato il ruolo del caso? Scriveva Durrenmatt, “un fatto non può tornare come torna un conto, perché noi non conosciamo mai tutti i fattori necessari, ma soltanto pochi elementi perlopiù secondari”.

 

GIORGIANA MASI. INDAGINE SU UN MISTERO ITALIANO
Concetto Vecchio
Feltrinelli, 225 pp., 18 euro

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.