Il filosofo inglese Roger Scruton (Foto Wikipedia Commons)

Masse urlanti contro democrazia

La crisi del pluralismo attraverso il caso di Roger Scruton. L'articolo dell’Economist 

“Sir Roger Scruton è di nuovo al centro di una bufera mediatica”, esordisce l’editoriale dell’Economist scritto da Adrian Wooldridge. “Il filosofo ha di recente dato un’intervista al vice direttore del New Statesman, George Eaton, in cui divaga su diversi argomenti nella convinzione che, in quanto ex critico di vini della rivista, fosse in campo amico. Eaton ha pubblicato alcuni ‘estratti’ dell’intervista su Twitter, scelti, ed effettivamente modificati, per farli sembrare il più scandalosi possibile. E’ scoppiata una tempesta di tweet. Il governo ha licenziato Sir Roger dal suo ruolo di presidente di una commissione per l’architettura. Eaton ha festeggiato, postando una foto di se stesso sbocciante una bottiglia di champagne, mentre i conservatori protestavano per un altro gigante abbattuto dai pigmei. Il caso Scruton è più complicato di quanto alcuni conservatori non pensino. Ma Sir Scruton non è un santo. E’ un provocatore cronico incapace di riconoscere che, quando si accetta un incarico pubblico, bisogna essere disposti a mordersi la lingua. La regola vuole che la salubrità della vita pubblica dipenda da una volontà di riconoscere i talenti delle persone e perdonarne le mancanze. In effetti, la sfera pubblica è sempre più controllata da una polizia del pensiero che libera i cani dello scandalo quando si osa oltrepassare la linea. Anche se la situazione nel Regno Unito non è grave quanto in America, dove la sfera pubblica è costellata di cadaveri dei caduti in disgrazia, ci si sta avviando in quella direzione. La Brexit ha diviso il paese in fazioni bellicose che si disprezzano a vicenda. La combinazione dell’ascesa del populismo e dell’ascesa della politica identitaria è velenosa: la politica identitaria incoraggia la gente a confondere le critiche alle idee con le critiche alle persone, e il populismo la incoraggia a calpestare i diritti delle minoranze. Ma il diritto a esprimere un’opinione ragionata dovrebbe surclassare il diritto, per esempio, a non essere offesi. Il diritto alla libertà di parola, tuttavia, non include il diritto di incitare alla violenza. Però include il diritto a esprimere opinioni forti su argomenti controversi. Entrambi gli schieramenti della divisione politica dovrebbero essere giudicati in base alle stesse norme. Questo è particolarmente importante nelle università, dove chi è responsabile di istruire le prossime generazioni tende fortemente a sinistra. Infine, ci si dovrebbe guardare dai gruppi di pressione che pongono il veto su ciò che si può dire nella sfera pubblica. La liberal-democrazia è in essenza il governo tramite dibattito. Se le persone sono reticenti ad avere un dibattito pubblico perché si preoccupano di essere schiacciate da una massa urlante, allora la liberal-democrazia va a morire. Le istituzioni pubbliche, soprattutto le università – conclude Wooldridge – devono fare del loro meglio per difendere i diritti dei pensatori scomodi, anche se, come nel caso di Sir Roger, a volte questi pensatori si spingono troppo in là”.

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