Benjamin Netanyahu (foto LaPresse)

Il fascino dell'Est per Israele

Krastev spiega sul New York Times l’alleanza fra Visegrad e Netanyahu

Gli europei centrali sono attratti dall’Israele di Netanyahu come le persone di sinistra dell’Europa occidentale degli anni 60 e 70 erano ipnotizzate dalla Cuba di Fidel Castro”, scrive Ivan Krastev. C’è della Realpolitik. “Israele è un attore razionale e come ogni attore razionale, vuole alleati. Netanyahu vede nei governi dell’Europa centrale potenziali difensori all’interno dell’Unione europea che potrebbero contribuire a smorzare le pressioni di Bruxelles sulla questione dei diritti umani di Israele. I suoi sforzi sono stati ripagati: Repubblica ceca, Ungheria e Romania hanno recentemente bloccato una dichiarazione dell’Unione europea che critica Washington sul suo piano di trasferire la propria ambasciata in Israele a Gerusalemme".

 

"Per i governi dell’Europa centrale, una relazione speciale con Israele è un modo per beneficiare della dinamica economia israeliana e del presidente Trump e della sua amministrazione pro Israele. Shlomo Avineri, il grande erudito liberal israeliano, una volta ha detto che mentre Israele è nel medio oriente, la sua politica è spesso dell’est europeo. Non è solo che l’ex Unione Sovietica è la prima fonte di emigrazione verso Israele e sta influenzando la politica del paese. Molti dei fondatori dello Stato ebraico provenivano dall’Europa centrale e orientale e la loro immaginazione politica era modellata dalla politica dei nuovi stati indipendenti emersi nella regione dopo la Prima guerra mondiale. Il sionismo sotto molti aspetti era l’immagine speculare della politica nazionalista – e spesso antisemita – che dominava l’Europa centrale e orientale tra le due guerre mondiali. Ciò che attrae oggi i populisti dell’Europa orientale in Israele è il loro vecchio sogno: Israele è una democrazia, ma una democrazia etnica; gli europei dell’est immaginano i loro paesi come stati per polacchi, ungheresi o slovacchi. Israele ha preservato l’eroico ethos del sacrificio nel nome della nazione che i politici bramano per le loro società”.

 

Poi c’è la demografia. “Gli europei centrali e orientali vedono Israele come l’unica società occidentale che sta invertendo la tendenza del declino demografico. Nel momento in cui l’Europa dell’est è la regione più veloce in contrazione del mondo, il successo di Israele nel persuadere gli ebrei diasporici a tornare, e la sua efficacia nel convincere gli israeliani ad avere più figli, sembra un miracolo. I populisti dell’Europa orientale condividono anche la sfiducia di Netanyahu verso tutto ciò che appare post-nazionale o un accenno al cosmopolitismo […]. Il fascino dei nazionalisti dell’Europa centrale verso Israele aiuta i loro sogni politici, ma rivela anche i loro limiti. Una chiave per la politica nazionalista israeliana e la sua resistenza alle pressioni internazionali è la tesi israeliana secondo cui il paese deve affrontare minacce esistenziali. Sì, a volte i politici israeliani sfruttano quelle minacce, ma le minacce sono reali. Lo stesso non si può dire dell’Europa centrale, che gode del periodo più pacifico nella storia. I leader populisti in Europa centrale vedono Israele come il modello di un piccolo stato sovrano ed eroico. Ma è il sogno di una vita normale piuttosto che una fantasia di sacrificio eroico che alla fine motiva la maggior parte dell’Europa dell’est. In altre parole, è più facile ammirare Israele che persuadere le proprie società a emularlo”.

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