Il derby che non è un derby, il post-calcio moderno, una prece per Lotito

Alessandro Giuli
4-1 della Roma sulla Lazio. Il vantaggio dei derby come quello di domenica, e cioè senza curve e senza bandiere in campo (eccezione unica: Alessandro Florenzi) e a bassissimo tasso di italiani, è che alla fine il risultato esprime in modo perfetto la verità dei valori in campo.

Il vantaggio dei derby come quello di domenica, e cioè senza curve e senza bandiere in campo (eccezione unica: Alessandro Florenzi) e a bassissimo tasso di italiani, è che alla fine il risultato esprime in modo perfetto la verità dei valori in campo. Nel caso in questione, il 4-1 della Roma sulla Lazio rispecchia fedelmente l’imbarazzante divario tecnico tra le squadre. E’ bastato amministrare la partita con la freddezza geometrica di un videogioco, senza un atomo di pathos, senza un grammo di emotività. Godere si è goduto lo stesso.

 

Ma lo svantaggio dei derby come quello di domenica è che non si tratta più di un derby. E ho perfino buone ragione per sospettare che non sia nemmeno più una partita di calcio. Godere si gode lo stesso, ma è realtà virtuale, finzione di spettri, allucinazione glaciale. Benvenuti nel post-calcio moderno. Anzi, malvenuti. E comunque: una prece per Claudio Lotito, che ne ha tanto bisogno.

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