Donatella Colasanti, sopravvissuta al massacro del Circeo (Ansa) 

uffa!

Delinquenti politici o delinquenti e basta? L'orrore del massacro del Circeo

Giampiero Mughini

I "figli venuti male" raccontati da Filippo Ghira. Il fratello Andrea aveva partecipato alle violenze di Gianni Guido e Angelo Izzo, per poi scappare dall'Italia. E una domanda resta: c'è un legame tra questi orrori e la violenza politica?

C’è stato un tempo molto recente della storia italiana in cui a Roma dei ragazzi di vent’anni che militavano nell’estrema destra uscivano di casa, fosse il pomeriggio o fosse la sera, portando sotto i giacconi dei coltelli, dei martelli, e addirittura delle asce. E questo nell’eventualità di incontrare dei ventenni (magari più numerosi) dall’opposto credo politico, i quali a loro volta non erano davvero dei francescani scalzi. Quegli anni Settanta e dintorni, in cui la psicotica diade avversativa fascismo/antifascismo produsse nelle strade e nelle piazze italiane vittime a decine. Un tempo di cui offre una testimonianza di prima mano e dunque molto interessante il giornalista Filippo Ghira (I figli venuti male, Amazon), nato a Roma nel 1955, terzo dei tre figli dell’attaccante di punta della Nazionale italiana di pallanuoto, il triestino “Lallo” Ghira, il cui tiro di sinistro all’ultimo minuto del match contro l’Olanda ci diede la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Londra del 1948. Nato nel 1953, il secondo dei figli del campione olimpionico ha un nome tristemente famoso, Andrea Ghira, quello che si diede latitante dopo l’obbrobrio del 30 settembre 1975 in una villa del Circeo in cui vennero massacrate due ragazze romane e una di loro uccisa. Lui e suo fratello Filippo erano stati entrambi in prima fila  tra i giovani dell’estrema destra la più accanita dei primi anni Settanta. Il corpo del presunto Andrea Ghira venne ritrovato il 9 settembre 1994 privo di vita con accanto una siringa nella casa di una cittadina spagnola dove abitava. Più e più volte è stata avanzata l’ipotesi che quel corpo fosse un sotterfugio a celare il fatto che il vero Andrea Ghira fosse ancora in vita. Uno dopo l’altro tre esami del Dna hanno confermato che quello era il cadavere del criminale del Circeo.  

 

Quanto all’autore del libro da cui sono partito, stando al tono del racconto e ad alcuni suoi giudizi politico/intellettuali non è facile definire la sua identità odierna. Mi colpisce che appena lui avviò la sua attività giornalistica sull’Umanità (il quotidiano del Psdi) elogiasse “il nazionalismo” di Stalin, così come trovo campato in aria il suo ragionare sulle possibili valenze di “un fascismo di sinistra” della Repubblica sociale italiana, un fenomeno che non ha mai avuto alcuna rispondenza nel reale. Il secondo dei fratelli Ghira non se l’abbia a male, ma il protagonista del libro non è lui, bensì suo fratello, la cui foto campeggia difatti sulla copertina del libro edito da Amazon. Non succede a tanti di avere da raccontare di un fratello talmente eccelso nel regno del male. E non è che stia parlando uno accecato dal fanatismo generazionale. Quando trent’anni dopo mi sono ritrovato di fronte un Benito Paolone che era stato il gran capo dei giovani di destra al tempo della mia giovinezza catanese, ma che era una gran brava persona, l’ho abbracciato da quanto ritenevo morte e sepolte le nostre contese di trent’anni prima. 

 

E veniamo alle cose da chiamare con il loro nome, ciò che nel suo libro Ghira fa lealmente. Una rapina in casa di un collezionista d’armi. E’ la rapina del 18 ottobre 1973 nella casa romana dei Marzano a via Panama che Andrea Ghira organizza assieme a Angelo Izzo (un altro degli “eroi” del Circeo) e a uno studente di destra, Gianluigi Esposito, che come Ghira giocava anche lui a rugby a Roma. Ghira viene individuato, portato a Rebibbia, condannato a cinque anni. Di carcere ne sconterà venti mesi. Esce sabato 21 giugno 1975. E’ la prima tappa del suo cursus honorum. In carcere ha preso ad ammirare le gesta della Banda dei marsigliesi, gente come Jacques Berenguer, tipi che non sono dei delinquenti politici, sono dei delinquenti e basta. E difatti è da delinquente e basta che poco prima del  ferragosto del 1975 Andrea Ghira, assieme ai due compari Izzo e Esposito, va a rapinare una banca non lontano dalla villa del Circeo che la sua famiglia aveva appena comprata. 

 

E adesso c’è che la faccenda si fa davvero spinosa, fermo restando la lealtà con cui Filippo Ghira la tratta. Sto al suo racconto. C’è che il ventenne Izzo ne aveva già al suo attivo di violenze sessuali, quando chiede ad Andrea di imprestargli le chiavi della sua villa al Circeo dove lui e il diciannovenne Gianni Guido hanno intenzione di accogliere due ragazze e “farsele”. Le due ragazze saranno Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, rispettivamente di 19 e 17 anni. Racconta Ghira: “Furono separate e chiuse in due bagni  […] dove furono sottoposte alle solite violenze sessuali tipiche della banda. A quel punto, non sapendo cosa fare, e con il timore, soprattutto di Izzo che era recidivo, di essere denunciati e finire in galera, chiamarono Andrea a casa spiegandogli la situazione e chiedendogli di andare a dargli una mano […] Come Andrea fu nella villa la situazione precipitò perché mio fratello perse la testa, diventando un’altra persona e assumendo in sé la mentalità della banda Izzo. E soprattutto perché i tre presero la decisione di uccidere le due ragazze e di occultarne i corpi […] Da qui l’omicidio di Rosaria, affogata in una vasca dopo essere stata violentata da Andrea, e il tentativo di uccidere Donatella che, miracolosamente riuscì a fingersi morta, e quindi a salvarsi”.

 

Confesso che non riesco a trovare parole di commento, e del resto non le trova neppure il fratello di Andrea. Resta una domanda. Quel che accadde in quella notte di settembre del 1975 aveva comunque una sua attinenza con quel che sono stati gli anni Settanta a Roma, una qualche attinenza con il fatto che nelle tribù giovanili del tempo alcuni leggessero i libri di Julius Evola e altri il “libretto rosso” del presidente Mao, una qualche attinenza con le pratiche innumerevoli della violenza politica? Io ne dubito. E’ qualcosa il cui orrore è irraggiungibile a mezzo delle parole e delle spiegazioni ideologiche.