Andy Warhol (LaPresse)

Uffa!

Le foto e i quadri che hanno scandito la vita folle del duo Warhol-Basquiat

Giampiero Mughini

S’erano conosciuti in un ristorante di Soho: l'uno già sovrano della scena artistica newyorchese e l'altro alle prove di debutto. E da allora avevano preso a frequentarsi quotidianamente, dando vita a uno straordinario sodalizio artistico e intellettuale

Nato nel 1928, nell’ottobre 1982 Andy Warhol aveva 54 anni. Nato nel 1960 da padre haitiano e da madre di origini portoricane, Jean-Michel Basquiat ne aveva 22. S’erano conosciuti in un ristorante di Soho dove Basquiat era entrato nella speranza di vendere qualcuna delle cartoline che lui disegnava. Warhol era già un sovrano della scena artistica newyorchese, Basquiat era alle prove di debutto, seppure già strepitose. I due avevano preso a frequentarsi pressoché quotidianamente, ciò che Warhol annota giorno dopo giorno nei suoi “Diaries”. Così come registra ogni momento dei loro rapporti con la macchina fotografica da cui non si separava mai. Di quelle foto, dove facevano sensazione la parrucca bianchissima di Warhol accanto alla boscaglia nerissima dei capelli di Basquiat, ce n’erano caterve nei 130 negativi donati nel 2014 dalla Andy Warhol Foundation alla Stanford University. I due che dipingono l’uno accanto all’altro nello studio di Warhol, che fingono di fare a pugni in occasione dell’inaugurazione di una mostra delle opere che avevano firmato in comune, o magari un Basquiat fotografato da Warhol munito solo di un paio di mutandine bianche, e in quel caso è come se la nota dell’omosessualità facesse da sfondo musicale al tutto. 

 

Da quella narrazione autobiografica, dove le foto fanno da pendant di quello che Warhol scriveva di Basquiat nei suoi diari, l’editore tedesco Taschen ha tratto nel 2019 uno dei prestigiosi volumi che gli sono abituali, “Warhol on Basquiat”, che è stato a lungo ad aspettarmi sul tavolo disegnato da Gerrit Rietveld dove uso deporre libri prelibati che non riesco a leggere immediatamente quando mi arrivano. Nell’occuparmi di Mario Diacono per un precedente articolo sul Foglio, avevo letto in una sua intervista di alcuni anni fa che nel 1982, ai tempi in cui aveva una galleria d’arte a Roma, un quadro di Basquiat lui non era riuscito a venderlo a settemila dollari e che adesso (ossia nel 2013) il proprietario americano del quadro ne chiedeva venticinque milioni di dollari. Dopo aver letto quell’intervista, ho preso finalmente in mano il libro della Taschen. Eccome se ne valeva la pena, come sempre con i libri della smagliante casa editrice di Colonia.

 

Pagina dopo pagina, tutto del rapporto tra Warhol e Basquiat parte da quello che Warhol aveva annotato nei suoi diari dal 1982 al 1987. Come sempre Warhol va al sodo, racconta il chi e il quando e non uno svolazzo in più. Come sempre è molto attento se si tratta di contare i dollari, registra ad esempio che in un certo bar una certa bevanda è passata dal costare due dollari e mezzo al costare quattro dollari. Succede che una palazzetta che Warhol possiede a Manhattan, al 57 di Great Jones Street, lui la dia in affitto a Basquiat che ne farà il suo studio. A un certo punto sente dire da Basquiat che lui teme di essere una meteora nel mercato dell’arte, uno la cui fortuna durerà il tempo di un bagliore e non più che questo. Ed ecco che Warhol annota preoccupato che in questo caso lui rischierebbe di non incassare più i soldi dell’affitto che Basquiat gli deve ogni mese. Pochi giorni dopo, il 13 settembre 1983, Warhol annota quel che gli aveva raccontato Basquiat. Che doveva comprarsi un pacchetto di sigarette, e siccome non aveva un centesimo in tasca aveva fatto seduta stante un disegno e se l’era venduto a un passante per 75 centesimi. Qualche giorno dopo lo aveva chiamato la galleria newyorchese che lo rappresentava, la quale s’era ricomprato quel disegno per 1.000 dollari, in attesa di poterlo vendere perché no a 15 mila dollari, ché queste erano divenute le quotazioni di Basquiat nel mercato ufficiale dell’arte americana dei primi Ottanta. E ancora, sempre stando ai diari di Warhol. In un ristorante di Manhattan si ritrovano Warhol, Basquiat, lo stilista Calvin Klein e Bianca Jagger, di cui Warhol scrive che lei era arrivata “puntuale”, come a sottolineare che questo non accadeva spesso. Durante il pranzo Basquiat tiene la sua mano sul ginocchio della bellissima Jagger allora trentottenne, la quale si limita a ridacchiare. Ma il momento agli occhi di Warhol “grandioso” arriva al momento di pagare il conto. Lui si apprestava a farlo quando Bianca gli dice che lo aveva già pagato Calvin. Non dover pagare il conto del ristorante, più “grandioso” di così. 

 

È un tempo in cui Warhol e Basquiat ci si mettono di gran lena a dipingere assieme molti quadri, davvero tanti, solitamente dei quadri grandi e aggressivi. Ciascun quadro lo dipingono contemporaneamente l’uno e l’altro, e Warhol scrive che i migliori sono quelli nei quali è impossibile distinguere chi dei due ne abbia dipinto ciascuna parte. Di quadri i nostri due eroi ne avevano fatti anche a sei mani con Francesco Clemente, ma Warhol lamenta che il celeberrimo mercante svizzero Bruno Bischofberger li aveva pagati poco perché non valevano un gran che. C’era che quando lo schioccare dei dollari non faceva risuonare la sua musica, Warhol si intristiva. Difatti se lo segna al dito che Bischofberger ha pagato 20 mila dollari per una quindicina di quadri firmati da tutti e tre, e quando viene a sapere che ciascuno di quei quadri viene venduto a oltre 40 mila dollari lo annota furibondo sul suo diario.

 

Nei quadri a firma congiunta Warhol/Basquiat riprodotti nel libro della Taschen ci trovi molto più il marchio selvaggio di Basquiat che non quello di Andy. Il quale racconta che Basquiat arrivava nel suo studio e si buttava per terra a dormire, alla maniera di uno straccione. Finché Warhol non lo svegliava e lui in un battibaleno dipingeva un paio di capolavori. Warhol morrà cinquantanovenne delle conseguenze di un’operazione alla cistifellea il 22 febbraio 1987, Basquiat morrà ventisettenne di un’overdose di eroina il 12 agosto 1988. l suoi amici lo trovarono che agonizzava sul pavimento della casa al 67 di Great Jones Street.

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