Immagine da Facebook di ArchiTrash 

Terrazzo

ArchiTrash: la satira autoironica e scanzonata degli architetti

Manuel Orazi

La pagina Instagram di tre studenti di Roma tre è un'identità astratta collettiva spiritosa tanto quanto lontana dal vittimismo. Tutto tranne che trash, si diverte a rovesciare le gerarchie accademiche 

La pagina Instagram più scanzonata in fatto di architettura è senz’altro ArchiTrash, che ormai è quasi una piattaforma visto che si trova anche su Facebook, YouTube, Twitter, Telegram e persino Spotify con delle playlist dedicate. Nata per gioco il 9 maggio 2017 da tre studenti di architettura di Roma Tre, ArchiTrash è un’identità astratta collettiva, un gruppo cioè dove le singole identità sono irriconoscibili e anzi è aperta al contributo di altri che si esprimono attraverso meme e ultimamente anche video, più premianti per le interazioni digitali.

A volte fanno il verso a note campagne pubblicitarie (“forse l’attesa della revisione non è essa stessa la revisione?”), altre mettono in bocca a mostri sacri della disciplina i desideri più inconfessabili di ogni studente (come Pier Luigi Nervi che dice “all’esame di tecnica delle costruzioni accetto tutto, anche 18” o Zaha Hadid “Non ho mai sopportato statica”), ma sempre in maniera autoironica, divertita e divertente. Certo per apprezzarlo pienamente occorre aver frequentato un po’ le facoltà di architettura e conosciuto il loro birignao, le nottate passate a disegnare, gli inconvenienti tecnici dei costosi programmi di progettazione come Autocad, gli alti costi di stampa delle tavole, le battute acide degli ingegneri, la fatica di costruire modellini con la balsa, la coda per iscriversi a revisione e i piccoli soprusi dei professori che con un tratto di penna possono annullare settimane di sforzi progettuali.

A differenza di Alvar Aaltissimo o Architerror (coi quali peraltro hanno interagito in vari crossover) ArchiTrash è meno sarcastico e amaro, più incline alla satira autoironica e lontano da qualsiasi vittimismo: è chiaro che se la sono cercata e accettano il loro incerto destino di progettisti col sorriso sulle labbra. Soprattutto non hanno niente di trash, semmai di pop ovvero estrapolano dal loro quotidiano topos e leitmotiv ricorrenti, ma senza nessuna angoscia e per questo hanno un nonsoché vagamente venturiano e koolhaasiano. Nietzsche diceva che “noi scherziamo e ridiamo quando ciò che aspettiamo (che di solito fa paura e causa tensione) si scarica senza nuocere. È la gioia dello schiavo nei Saturnali”, e i tre ragazzi romani si divertono ogni giorno a rovesciare le gerarchie accademiche come appunto in un eterno carnevale virtuale, ciononostante affrontano la loro carriera seriamente.

Fabrizio Fanasca si è laureato lo scorso settembre, Daniele Corrado e Federico Lo Re all’inizio di marzo con tesi riguardanti rispettivamente una scuola nel quartiere Monti, un piano urbanistico per Olbia e una cantina vinicola vicino al lago di Corbara, dalle parti di Orvieto. ArchiTrash ha rappresentato dunque la valvola di sfogo del loro studio “matto e disperatissimo” e però anche scanzonatissimo, rinnovando così il genere satirico che a Roma ha una lunga tradizione, dall’Omnibus di Longanesi e Flaiano (che ha studiato architettura) al Marc’Aurelio di Steno, Age&Scarpelli e Fellini.

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