Foto di Natalya Kniazeva, via Unsplash 

Terrazzo

Catastrofi sentimentali e case di lusso. Il caso Zampetti

Camilla Baresani

Per le agenzie immobiliari il matrimonio è l'ottavo sacramento. E il fenomeno più eclatante del vendere quel che c'è già è l'acchittatissimo venditor di "dimore o residenze di lusso"

A Milano il mercato è tenuto vivo, persino nei momenti di crisi economica, dall’alto tasso di catastrofi sentimentali. La coppia compra casa, ma presto tutto va in malora e bisogna rivenderla. C’è ora bisogno di due case piccole, di cui però disfarsi appena si rifà famiglia sommando i figli delle precedenti esperienze. Serve un appartamentone pieno di stanze da letto. Nuovo fallimento. Evvai. Il divorzio è dunque l’ottavo sacramento non solo per gli studi legali ma anche per le agenzie immobiliari.

 

Dal fervore sentimentale al fervore immobiliare il passo è breve. Va da sé che per affittare e vendere case a Milano bisogna utilizzare il lessico e le parole d’ordine specifici della città, e quindi un condominio di nuova costruzione lo si chiama The Hug, “la casa che è un abbraccio”, e “favorisce uno stile di vita smart e inclusivo”, e ha “il mix&match di materiali e finiture”, né può mancare l’orto urbano sul tetto. Mai più senza cimici del pomodoro. E quando si tratta di vendere quello che c’è già? Il fenomeno milanese più eclatante è quello di Zampetti.

 

Non il segretario generale della presidenza della Repubblica, bensì un acchittatissimo venditor/locatore di “dimore o residenze di lusso” che, per narcisismo parossistico o furbesca scelta di marketing, ha deciso di piazzare la sua faccia e i suoi vestiti nella cartellonistica e in riviste autopubblicate. Addobbato in uno stile tra dandy dannunziano ed esperto di bon ton dei canali Discovery, sfoggia camicie dai collettoni altissimi, a sfiorare i lobi; gessati corti e avvitati, dai rigoni alla gangster (tipo Mauro Masi), pantaloni “gambastretta”, ciondolanti catene d’oro dell’orologio da tasca, gemelli, occhialoni da gagà del triveneto industriale, mocassini con doppie e triple fibbie… insomma uno stile assolutamente anomalo a Milano, dove se mai è più facile avvistare un uomo col pareo e gli zatteroni di Balenciaga.

 

Questo parossismo zampettiano è però evidentemente fruttuoso per collocare di volta in volta una “dimora di lusso”, un “attico luminoso e panoramico”, vicino al “rinomato Garage Italia”, qualcosa di “inserito in elegante complesso residenziale”, con “scenografica scala interna” (che in genere significa appartamento scombinato, con camere da letto al piano ascensore e il resto in cima ai gradini), con “vista mozzafiato”, con “esposizione che conferisce intensa luminosità”, e insomma tutto il lessico tonitruante del neoricchismo milanese. Declinazione immobiliare di quella “società eccitata” descritta nella filosofia della sensazione di Cristopher Türke.

 

E se non possiamo permetterci le dimore di “Zampetti immobili di pregio”, in stile freddo design milanese, o para Mongiardino in alcuni casi della zona Magenta, ecco fioccare non solo le proposte immobiliari ma anche quelle di reclutamento, i colloqui per selezionare personale. E allora si pensa che prima di chiedere la legge Bacchelli, le risorse di un intellettuale umiliato dai compensi farseschi ci sono: tentare la suerte con Zampetti e riciclarsi venditore di sogni immobiliari.

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