L. Lokko, direttrice della Biennale Architettura (Ansa) 

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Romanzo biennale senza archistar

Si intitola “Il Laboratorio del futuro” la prossima Mostra Internazionale di architettura a Venezia. La direttrice è Lesley Lokko, che ha aperto ad Accra, in Ghana, l’African Futures Institute. Spazio al continente nero e ai progettisti più giovani, africani e no

Si intitola “Il Laboratorio del futuro” la prossima Mostra Internazionale di architettura alla Biennale di Venezia, la diciottesima. Che rischia davvero di essere la prima senza archistar. Sono anni che la cosa viene minacciata, invano, ma ora ci siamo. 

   

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Figlia di un chirurgo ghanese e di madre scozzese, la direttrice Lesley Lokko ha iniziato a studiare arabo ed ebraico ad Oxford, ma poi si è laureata in Architettura andando a insegnare in varie università inglesi e americane. Fino a oggi oltre all’insegnamento ha soprattutto pubblicato romanzi di grande successo, tutti tradotti anche in italiano.

  
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Con Mondadori ha pubblicato il suo primo romanzo intitolato “Il mondo ai miei piedi” (2004), seguito da “Cieli di zafferano” (2005), “Cioccolato amaro” (2008), “Povera ragazza ricca” (2010), “L’estate francese” (2011), “Un perfetto sconosciuto” (2012), “Una donna misteriosa” (2013), “Innocenti bugie” (2014) e “In amore e in guerra “(2015) con un ottimo successo di pubblico. Nel 2018, sempre con Mondadori, ha pubblicato “Amiche sorelle”.

 
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Nel 2021, che è l’anno in cui è stata incaricata della direzione da Roberto Cicutto, ha aperto ad Accra, in Ghana, l’African Futures Institute. E’ dunque del tutto logico che la mostra darà molto spazio al continente africano, che da solo è più grande di tutti gli altri messi insieme, e dove si giocano molte partite come sanno ormai tutti grazie agli artigli cinesi ben piantati in molti paesi. La transizione ecologica colpirà duramente proprio lì e per questo fra i pochissimi studi italiani selezionati ci sono i TAMassociati, fra i pochi ad aver lavorato con continuità a scuole e ospedali in Kenya, Camerun, Uganda. 

  

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Spazio invece ai progettisti più giovani, africani e no: ne saranno selezionati una cinquantina per un workshop di un mese a Venezia, che si chiama “Biennale College”, e che per molti sarà forse la prima opportunità di visitare il nostro paese. Si rinnova così un vecchio tentativo di globalizzazione dei problemi e delle ricerche di architettura che i vecchi Ciam (congressi internazionali di architettura moderna) avevano proposto con la scuola estiva proprio a Venezia negli anni Cinquanta. In questa scuola alternativa studenti di mezzo mondo lavoravano a problemi non affrontati dalle scuole tradizionali ricevendo la visita di architetti come Le Corbusier, Ernesto Rogers, Walter Gropius o Franco Albini, per poi ritornare ognuno nel loro paese. In generale dunque, sia il tema sia il workshop, saranno il modo per allargare il campo dell’architettura, un campo largo stile Elly Schlein, particolarmente adatto per Venezia dove le piazze si chiamano tutte campo – a parte quella di San Marco.

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