Le terme di Lignano (Foto di Italo Zannier)

TERRAZZO

Salviamo le terme della Belle époque

Manuel Orazi

E’ cominciata in silenzio la demolizione dello stabilimento di Lignano Riviera

E’ cominciata in silenzio la demolizione delle terme di Lignano Riviera progettate da una strana coppia veneto-friulana, Daniele Calabi e Gino Valle. Strana perché il veneto in teoria avrebbe dovuto essere l’udinese Valle, irruento, guascone, amante di macchine veloci e buone bottiglie dunque tenenza Gassman; il veronese Calabi invece era più taciturno, algido, tecnico (si era laureato prima in ingegneria, figlio d’arte) ed equilibrato tanto da divenire rettore dello Iuav veneziano, dunque tendenza Trintignant, ma sembrava appunto lui il friulano.

 

Proprio nell’anno del “Sorpasso” di Dino Risi (1962) i due cominciarono la costruzione di questo stabilimento elioterapico a Lignano. Calabi aveva una lunga esperienza di progettazione di colonie marine e ospedali: le terme in fondo sono un misto di queste due tipologie e qui sono a padiglioni. All’interno sono rivestiti di assi di legno sottili quasi a evocare ampie spazialità e calde tonalità sudamericane – Calabi era emigrato infatti per circa un decennio a San Paolo del Brasile a causa delle leggi razziali. Valle, figlio d’arte anche lui, invece era reduce dal suo primo e forse massimo capolavoro, gli Uffici per le industrie Zanussi (1961) nella poco lontana Porcia.

 

Le terme sono oggi una forma turistica in decadenza, anche se solo in Italia mentre in Svizzera e altrove continuano invece a prosperare. Il virus è stata forse una bella scusa invece per far partire questo progetto per un nuovo albergo come tanti a quattro stelle: il sito infatti è troppo vicino al mare per non fare gola alla speculazione e troppo lontano dai riflettori mediatici romani, milanesi o fiorentini per sollevare una campagna stampa. Peccato perché Lignano perde una delle sue architetture della seconda Belle époque, quella del dopoguerra, quando l’architettura italiana non aveva paragoni per varietà e ricchezza di firme, perfino qui nella “Florida d’Italia” secondo Ernest Hemingway, che da Venezia ogni tanto veniva a caccia di anatre lungo il Tagliamento e nella pineta. Leonardo Sinisgalli, che la visitò nel 1954, scrisse ammirato: “Una città è nata in mezzo agli alberi e le acque” sulla sua rivista Civiltà delle macchine. Non resta dunque che immaginare un giovane Valle che, appena uscito da un’osteria, guida canticchiando da Jesolo a Lignano una Lancia Aurelia, con la radio a tutto volume, il sigaro in bocca, la mano sul clacson e Daniele Calabi che, rassegnato, gli dice sottovoce: “Rallenta, Gino”.

 

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