Terrazzo

La vendetta di Zoom

Michele Masneri

Il fondatore che sognava la Silicon Valley ora se la ritrova vuota

Mentre ci si prepara a un nuovo lockdown o semi-lockdown, con le “persone fisiche” che secondo DPCM sono altamente raccomandate di rimanere a casa, ecco che Zoom, la macchina dei sogni del tempo del distanziamento, lancia nuove funzioni: c’è la modalità immersiva, una specie di filtrone simil-instagram che mette le faccine dei partecipanti in una simil-classe virtuale per didattiche a distanza; oppure in un’aula di tribunale (si vede che c’è una domanda di mercato). E poi ci sono nuove “reactions” ovvero applausi registrati, e faccine che gli utenti possono lanciare, dei pollicioni alzati per “ok”, degli smile, dei “vai più piano”, se vuoi rallentare perché non segui il discorso.  Tutto questo è stato annunciato due settimane fa a Zoomtopia, la convention annuale della compagnia che generalmente si teneva “live” ma quest’anno, più coerentemente con la ragione sociale, si è svolta in assenza. Gli speaker hanno ricevuto una scatola omaggio con dentro: una borraccia ecologica, una telecamerina portatile, speciali luci ambientali: insomma il kit di sopravvivenza per venire meglio in video, un box che servirebbe a tutti, scenografi delle nostre vite domestiche come siamo diventati. E lo pretenderemmo dal premier Conte, anche,  il box: per il Natale “sereno” che ci aspetta, in mancanza di mascherine e/o tamponi non già pervenuti.

 

 Al fondamentale evento sono state presentate anche nuove funzioni di sicurezza e un’integrazione di app esterne tra cui Thrive Global, celebre app fondata da Arianna Huffington, la scaltra inventrice dell’Huffington Post, che ora appunto si è buttata con tempismo sul benessere mentale: una specie di antistress che insegna come farsi passare la fatica da Zoom in sessanta secondi, con specifiche tecniche di rilassamento. Tra queste non sono contemplate però quelle utilizzate dal giornalista Jeffrey Toobin, che notoriamente lunedì scorso è stato cacciato dal New Yorker dopo aver chiesto una pausa da una zoomata, essersi dimenticato la telecamera accesa, ed essersi adoperato in una tecnica auto-rilassante abbastanza antica, senza app.

 

 Zoom inteso come azienda ha registrato un fatturato quintuplicato rispetto all’anno scorso e le azioni sono cresciute del 754 per cento. Il fondatore, il cinquantenne di origine cinese Eric Yuan, che non a caso si chiama come una moneta, ha guadagnato 12 miliardi di dollari da marzo (il suo motto è “la tua felicità è la mia felicità”, come dargli torto). Yuan pare abbia fondato la compagnia dopo defatiganti imprese che necessitavano della presenza fisica in luoghi ostili: andare a trovare la fidanzata, con viaggi di dieci ore di treno, nella Cina natia, o  trasferirsi nella Silicon Valley (l’agognato visto gli fu negato ben otto volte). Così dopo varie startup e un passaggio a Cisco, nel 2011 fonda Zoom, proprio nella Silicon Valley, oggi in via di spopolamento. Se in generale tutte le aziende che hanno reso possibile il cosiddetto smart working stanno tutte lì, soprattutto Google e WhatSapp, quella di Yuan pare la vendetta perfetta contro il territorio ultrapopolato che lo respinse così tante volte: nella Silicon Valley il lavoro da remoto è ormai la norma da mesi, e probabilmente rimarrà tale per sempre. Non essendo più giustificato il bisogno di stare lì tutti insieme, in uno dei luoghi più costosi e affollati del pianeta, tanti se ne stanno andando. Con risultati evidenti: prezzi immobiliari crollati del 30 per cento, e fuggitivi verso altre città (generalmente assolate, Miami e Los Angeles in testa, anche in cerca di condizioni climatiche migliori rispetto alla bora sanfranciscana). E quest’anno ci si mettono anche gli incendi: proprio in questi giorni l’allerta è di nuovo al massimo, il protocollo di sicurezza prevede di lasciare le macchine, stipate di vettovaglie, col muso girato verso l’uscita dei garage, pronte per abbandonare gli edifici. Soprattutto, è stata interrotta anche la corrente, tagliata per non causare altro fuoco: e così, addio anche alle riunioni su Zoom. E questo pare francamente intollerabile.

 

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