Ettore Sottsass (foto LaPresse)

Sottsass, facile da disegnare

Manuel Orazi

Così l’architettura elementare dei templi, i rituali indiani e la loro suadente decorazione informarono sia il suo immaginario sia la sua opera

Continua la pubblicazione degli scritti di Ettore Sottsass jr. da parte di Adelphi. Ultimo arrivato è “Molto difficile da dire”, a cura di Matteo Codignola, che raccoglie gli scritti fra il 1960 e il 1975 con vari inediti. Caso classico di un grande autore postumo, Sottsass era figlio d’arte (il senior è stato un discreto architetto razionalista amico di Giuseppe Pagano), cresciuto a Torino da genitori mitteleuropei, interprete a modo suo della Bauhaus negli anni Cinquanta che lo portò a collaborare con l’Olivetti spinto da un’attenzione verso gli utenti che in Italia era pochissimo praticata dai designer.

 

Nei primi anni Sessanta, complice la prima moglie Fernanda Pivano, Sottsass scopre l’India, innamorandosene e rischiando per questo di morire di nefrite. Questo fatto stravolgerà la sua vita e anche la sua carriera, anche perché Roberto Olivetti gli firmò un assegno in bianco per potersi curare nel migliore ospedale specializzato del mondo, a San Francisco dove, annoiandosi per la lunga degenza, diede vita alla prima fanzine di architettura radicale, “Room East 128 Chronicle”, mentre la moglie andava a rifornirsi di libri giù in città alla City Lights di Lawrence Ferlinghetti scoprendo i Beat.

 

Inoltre l’architettura elementare dei templi, i rituali indiani e la loro suadente decorazione informarono sia il suo immaginario sia la sua opera, basta leggere “Le ceramiche delle tenebre” o ammirare il disegno ricco di volumetrie indiane nella lunga pagina finale a fisarmonica che impreziosisce il volume, “Voglio risolvere per sempre il problema finale dell’architettura”. Peccato davvero che non ce ne siano altri, i loro colori sgargianti che poi si riverseranno tutti nel suo proteiforme «controdesign» erano mutuati dall’India ovviamente. Resta la scrittura errabonda e sorniona di Sottsass, che, secondo Adolfo Natalini, deve molto a Cesare Pavese, ma, aggiungiamo noi, al Pavese direttore della collana viola Einaudi, la Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici, di fatto una collana Adelphi ante litteram.

Di più su questi argomenti: