Foto di Spanish Coches via Flickr

Mercedes un Sacco bella

Michele Masneri

Il più grande genio del disegno automobilistico vivente e la serie S, la certificazione di uno status raggiunto

Come molti progetti poi leggendari era nata come una diminutio: nel 1963 la Mercedes 600 (sigla di progetto W100) aveva consacrato il modello apicale di Stoccarda come l’auto dei ricchi (è quella di Jack Nicholson nelle Streghe di Eastwick, era quella che portava in giro Paolo VI in Vaticano, era insomma più una carrozza che un’auto). Era percepita, in un’epoca di pur moderatissimo populismo, e di petrolio proibitivo, come un mammozzone troppo elitario. Così negli anni si cercò di snellire, sopire, tagliare. Al Salone di Francoforte del ’79 la Mercedes presentò finalmente la nuova serie S, nome in codice W126. Prima vettura del gruppo a essere disegnata da Bruno Sacco, sarà la prima Classe S ad avere paraurti di plastica e un’aerodinamica vagamente sportiva. Sacco, il più grande genio del disegno automobilistico vivente, era entrato alla Mercedes tipo papa Francesco, creando la piccola 190 che era una Mercedes per chi non si poteva permettere le Mercedes, e fece scandalo. Erano comunque tempi più facili: se avevi i soldi ti compravi la Mercedes: a seconda di quanti ne avevi sceglievi la tua serie. Ce ne erano tre, non serviva la laurea in ingegneria per districarsi tra i crossover (si era gente semplice). La S era però un’altra cosa, era la certificazione di uno status raggiunto.

  


Bruno Sacco. Foto CC di DaimlerChrysler AG   


  

Tra gli optional più fichi del listino c’erano l’Abs e le sospensioni idropneumatiche. A fine 1980 fu proposto anche l’airbag lato guida. C’erano anche i deliziosi nonsense della Mercedes di quegli anni, prima dell’invasione dei led. C’era infatti l’econometro (un monumentino all’ipocrisia, in grafiche e lancette rigorosamente bianco-arancio su fondo nero) pur con motori di leggendaria arsura; e lo specchietto sinistro col suo comando meccanico, non elettrico (erano tempi in cui ancora il cliente di riferimento era un gentiluomo europeo, magari di prima generazione e a maggior ragione da educare a certi gusti; non un influencer asiatico). Quando pigiavi l’acceleratore la lancetta dell’economia faceva un salto in lungo, e tu con lei. Nel 1981 arrivò poi la Sec, la versione coupé, un “salotto viaggiante” (cit. Alberto Sordi in “I nuovi mostri”), con cilindrate che arrivavano al micidiale cinquemila e sei dodici cilindri. Per chi invece era cumenda nell’anima e sognava le stretch limo da Dynasty, o necessitava di compensazioni, c’era la versione allungata, la Sel con quindici centimetri in più.

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