Elisabetta Pozzi e Giovanni Franzoni in "Apologia" (Foto Luca Del Pia)

Apologia di famiglia

Michele Masneri

Tra “Carnage” e “Le correzioni” la commedia di Campbell, fino al 12 maggio

La famiglia disfunzionale non passa mai di moda. Ha esordito martedì al teatro Sociale di Brescia “Apologia”, play inglese di Alexi Kaye Campbell, già successone a Londra e a New York, storia un po’ alla Yasmina Reza di figli che si ritrovano in campagna a celebrare il compleanno di una madre celebre storica dell’arte, progressista, femminista, gran marciatrice per qualsivoglia diritto; e mamma però ovviamente disastrosa di due rampolli che ricordano i Lambert delle franzeniane “Correzioni”. Uno fa il finanziere ed è quindi molto vituperato, perché invece che salvare il pianeta si dedica a far soldi (e vuol persino sposare un’americana). L’altro vorrebbe fare lo scrittore ma è stremato dal male di vivere, e corteggia il barbonaggio (dunque è il cocco di mamma). Ha una effimera morosa attrice di soap opera, con l’aggravante del successo.

  

La pubblicazione di una autobiografia della madre, che pur in centinaia di pagine non fa accenno alla figliolanza, provoca il carnage. La mamma, che ricorda tanto certe amiche di mamme nostre, è Elisabetta Pozzi, superlativa nei suoi gonnoni e spiegoni (uno, su Giotto, vale lo spettacolo). “Apologia”, regia di Andrea Chiodi, traduzione di Monica Capuani, è l’ultima produzione del Centro teatrale bresciano, eccellenza lombarda con 6.300 abbonati, di cui trenta per cento under 35. Con due teatri, questo piccolo Sociale, ristrutturato da Enrico Job, e il Santa Chiara, il Ctb fa 12 produzioni l’anno, numero molto alto rispetto ad alti Tric (che con acronimo onomatopeico sarebbero i vecchi teatri stabili, quelli che fanno produzioni proprie). Oltre a “Teatro aperto”, contest di drammaturgie un po’ à la Casaleggio per cui il pubblico sceglie il testo che poi andrà in scena nella stagione seguente.

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