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Europa supersonica

Michele Masneri

Cinquant’anni dal primo volo sperimentale del Concorde. L’epopea aerea anglofrancese. Il flop commerciale, l’entente cordiale, i sedili stretti

Che mito, il Concorde. L’aereo supersonico civile fece il suo primo viaggio cinquant’anni fa, il 2 marzo 1969, nei cieli sopra Tolosa, e da lì entrò in tutti gli immaginari globali. Aveva solo 100 posti a bordo, notoriamente angusti (così, che delusioni leggendo adolescenti un Bret Easton Ellis che narrava degli ampi sedili comodi a bordo, segno che non c’era mai volato, dunque impossibile sospensione d’incredulità). Il Concorde ha alloggiato molte narrazioni, da “Vestivamo alla marinara” in cui Susanna Agnelli si fa “imprestare l’aereo da Gianni fino a Londra, e poi da lì in Concorde fino a New York”, all’ultimo film “The Wife”, dove Glenn Close rosica per tutto il volo che porta lei e il marito scrittore a ricevere il Nobel immeritato a Stoccolma.

 

Era utilizzato soprattutto da British Airways e Air France, che ne avevano sette esemplari ciascuna, e la rotta più classica era la BA001, da Heathrow al Kennedy, partenza alle 10,30 di mattina e arrivo un’ora prima, alle 9,30 americane, giusto in tempo per la campanella di Wall Street (“arrivate prima di partire”, era un claim BA); ma i primi voli furono il Parigi-Rio con scalo a Dakar, e il Londra-Bahrein, anche perché l’autonomia all’inizio era scarsa. Più che un mezzo di trasporto era soprattutto un posto dove essere visti, tipo il Settebello di “Parigi o cara”. Taluni facevano Londra-New York andata e ritorno in giornata, come oggi sulle metropolitane d’Italia, ed era facile socializzare tra quegli oblò piccolissimi, cabina da nani, sedili in due file da due, in interni tipo vecchi Pendolini pur disegnati dai migliori national champions, Terence Conran per British Airways, Andrée Putnam per Air France.

 

Le tre ore e mezza del Londra-New York costavano il doppio di una normale prima classe (eppure, quasi sempre in perdita: manutenzione, consumi micidiali di carburanti, posti limitati lo resero un classico dei flop commerciali). Qualunque commissione costi-benefici lo avrebbe bocciato, altro che Air Force Renzi: il progetto costò miliardi ai contribuenti inglesi e francesi, e però erano anni di fiducia nell’Europa e di orgoglio nelle grandeur tecnologiche, c’era Mitterrand, non i gilet gialli (e tutti i presidenti francesi non viaggiarono più che col Concorde). Litigiosità anche bassissime, rispetto a oggi: diatribe; “Concord” all’inglese o “Concorde” alla francese? Nel 1967, il ministro inglese Tony Benn cedette alla E finale, ma solo perché, disse, significava “Excellence”, “England”, “Europe” e “Entente cordiale” (chissà se ci fossero stati i referendum). Oltre all’immaginario, il Concorde portò anche tante innovazioni e ricadute: tra tutte, il muso mobile, che serviva a migliorare l’aerodinamica in corsa, e ai piloti per vedere la pista in atterraggio; un precursore dell’Abs per frenare gli enormi carrelli che giravano a velocità altissima (400 chilometri orari), che finì poi sulle automobili di serie, e il Teflon, che arrivò direttamente nelle pentole antiaderenti. I russi avevano lanciato un simil-concorde due mesi prima di quello anglofrancese, il Tupolev TU144, detto Concordsky, misteriosamente simile all’originale, ma si schiantò un paio di volte e finì velocemente archiviato nel 1978. Il sogno di una concordia supersonica francobritannica si infranse invece nel 2000 contro un alberghetto: il volo Air France 4590 diretto a New York coi suoi 100 passeggeri altospendenti si schiantò contro l’albergo “Hotelissimo” poco dopo essere decollato dal Charles de Gaulle per colpa di un volgare DC10 della Continental, che aveva perso un flap sulla pista. Il pezzo di ferro forò il carrello e fece incendiare il serbatoio del Concorde. Fermare il decollo non era possibile, i piloti tentarono invano di dirigersi sul vicino Le Bourget, ma non ce la fecero e si sfracellarono. Il Concorde, fino a quel momento ritenuto l’aereo più sicuro del mondo, mai un incidente in 30 anni, divenne così improvvisamente pericolosissimo (curiosamente, l’esemplare che esplose, sigla F-BTSC, era lo stesso utilizzato nel drammone aeronautico-jettatorio “Airport 80”).

 

In un processo isterico tipo Dreyfus aerospaziale, la Continental fu condannata da un tribunale francese a pagare 1 milione di euro di danni, e un meccanico del volgare velivolo americano a 15 mesi di reclusione per aver ucciso il sogno del Concorde, che non si riprese più: ritornò a volare un anno dopo, ma a quel punto erano venuti fuori i problemi tutti insieme: i costi del carburante, il mai risolto problema della rumorosità, e il crollo del settore dopo l’11 settembre. Nel 2003 ci fu l’ultimo viaggio: Richard Branson propose di acquistare per la sua Virgin tutti i Concorde lasciati a terra dalla British Airways allo stesso prezzo a cui la compagnia di bandiera li aveva avuti dai contribuenti inglesi, cioè gratis. Non se ne fece nulla, e oggi il Concorde rimane soprattutto un monumento all’europeismo più chic, mentre l’idea di un aereo supersonico è tornata di moda: la Nasa sta testando dei prototipi che dovrebbero vedere la luce nei prossimi anni, e varie startup stanno progettando i nipotini del Concorde: ma sono tutte americane.