Filosofia dell'arredamento criminale

Michele Masneri

Dai Casamonica a Gomorra a Narcos. Tra troni, culle e iperdecorazione (e alcune sorprese) così i criminali arredano le proprie dimore

La demolizione zingara-criminale, in un paese che non abbatte mai niente, è un format e rito salvifico ormai consolidato.

 

E’ la nostra rom-com. “Ce risiamo”, pare abbia detto un Casamonica anziano in finestra all’arrivo dei seicento vigili urbani, l’altra notte, più sindaco, ministro dell’Interno, addirittura Premier (e che è). La demolizione Casamonica per Roma, città poco melomane, è l’equivalente della prima della Scala a Milano, l’unica serata dove si possono trovare insieme per una sera le autorità civili e militari. Come la prima alla Scala è anche istruttiva per capire come vanno i gusti del Paese, o quantomeno della Regione (Lazio).

 

E certo ci vorrebbe un Mario Praz redivivo per catalogare e capire le nuove filosofie dell’arredamento criminale. Il Roche-Bobois più estremo, l’abat-jour di perspex, la balaustra, il cavallo dorato rampante, la culla, il tronetto. Il compasso d’oro è certamente lontano, e certo se l’arredo mafioso ha degli stilemi comuni, taluni dettagli sono tuttavia molto local (in fondo le villette Casamonica non son tanto lontane da certi alberghi del centro di Roma, con l’opera d’arte contemporanea simil-Jeff Koons nella lobby; differenze sostanziali però nelle amenities: nessuna traccia di flaconi almeno Aesop, invece qui barattoloni Badedas in tante fragranze).

 

Non essendoci specifici Saloni né fiere né riviste dedicate a questa nicchia pur molto liquida, un ruolo importante lo svolge la tv.

 

L’arredo è stato un elemento fondamentale del successo di Gomorra – La serie, e la reggia dei Savastano assurge a manifesto estetico del nuovo corso, tra tappezzerie damascate, vasi finti antichi, consolle Luigi XV, enormi ritratti di famiglia, tigri dagli occhi-gioiello. Anni fa lo scenografo ci spiegò tutto il lavoro di ricerca fatto, sul campo, e i successivi cortocircuiti: lo stile immaginario di Gomorra creato sulle ville di boss e sottoboss piacque talmente al vicinato di Scampia che tutti vennero a chiedere: dove si trova quella tigre con occhi Swarovski, dove si può trovare quel divano dorato? Altre ispirazioni si sa che vennero da Scarface, il film di Brian De Palma del 1983.

 

Però, che differenze tra organizzazioni. Al “pieno” gomorresco si contrappone il vuoto-Casamonica. Quello che colpisce, di questi interni criminali romani, al di là del kitsch programmatico, è infatti una sensazione di non abitato; e certo sull’interior decoration criminale avrà il suo peso il timore della retata sempre imminente, del sigillo e dello scontro tra gang. Lungi dal mero decorativismo, le case Casamonica seguono infatti un loro funzionalismo. Certo, non siamo dalle parti di Adolf Loos né di Achille Castiglioni, eppure si potrebbe parlare di un funzionalismo mediterraneo, funzionalismo anulare. I caminetti ovunque, per esempio, non sono un segno di stile, ma assurgono alla provvidenziale funzione di elimina-documenti, come ci spiegò Francesca Fagnani che aveva fatto un’inchiesta in queste dimore. Anche le porte matelassé servono soprattutto per nascondere droga e soldi.

 

Ad altre latitudini, l’arredo cambia: in generale i mafiosi siciliani hanno moltissime proprietà e si spostano tanto tra queste. Invece i camorristi se le godono, le case; la casa del camorrista è il regno della donna, che ci tiene tanto e la tiene linda. Sul fronte ‘ndrangheta, le abitazioni, ci spiegarono, sono sempre un po’ posticce, spesso neanche intonacate, spoglie, coi mattoni a vista e coi ferri che escono dalle pareti. Posti da cui scappare improvvisamente (forse anche per rendere omaggio allo stilema e genius loci del non-finito calabrese).

 

Ma con tutto questo storytelling e heritage, la demolizione sarà poi davvero necessaria? Forse più proficuo puntare sul riuso: una delle case di Pablo Escobar è stata trasformata in lussuoso resort a Tulum, in Messico: un parco a tema-Casamonica, o hotel diffuso, potrebbe creare indotti e pil, forse, anche in funzione anticilica.

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