Il mio grosso grasso fuoristrada austriaco

Michele Masneri

Arnold Schwarzenegger e la Mercedes Classe G, due bulli di successo

Sono tutti e due grandi e grossi, sono tutti e due fatti per durare, sono tutti e due nati a Graz, Austria. Così il presidente di Mercedes, herr doktor Dieter Zetsche, ha presentato al salone di Detroit la nuova versione della gloriosa geländewagen, la serie G solida come una cassa d’acciaio, confortevole come una cassa d’acciaio, veloce come una cassa d’acciaio, alla presenza dell’altro utensile prodotto a Graz: l’ex attore e governatore della California Arnold Schwarzenegger. Effettivamente le due creature continuamente rimaneggiate (la serie G sta meglio nei colori fluo delle origini, invece che nei metallizzati recenti, che la fanno somigliare alle chiome dell’ex governatore) incrociano la geopolitica del Novecento. Non solo quella dell’ex Terminator, che la guida anche nella vita – ma siccome ha guidato l’ecologica California, ne possiede una specialissima versione elettrica fatta su misura. La geländewagen, poi solo classe G (ma gli intenditori e possessori la chiamano ancora col nome tedesco, con accento di Germania sulla seconda sillaba) venne inventata a seguito di un complicato capriccio dello Scià di Persia a cui nel 1970 venne la voglia di un suv (prima che questi veicoli osassero pronunciare il loro nome.

 

L’imperatore Reza Pahlevi, noto collezionista d’auto, voleva in realtà prendersi tutta la Mercedes: erano gli anni in cui il petrodollaro del resto vagheggiava il veicolo europeo, c’erano i libici in Fiat, e il Kuwait aveva investito un miliardo nella stessa Mercedes. Ma di fronte allo Scià i tedeschi chiusero le porte, e Pahlevi si accontentò di ordinare 20.000 jeep, che però la Mercedes non aveva in listino né alcuna intenzione di produrre. Di fronte al cospicuo ordine, la casa di Stoccarda in fretta e furia prese un veicolo militare, il micidiale furgone a sei ruote motrici Pinzgauer, allora prodotto a Graz, gliene tolse due, e disegnò un’auto cubista e rustica che oggi dopo infiniti imbellettamenti è giunta fino a noi.

 

L’animo restò però sempre militare nonostante col tempo si siano aggiunte le arie condizionate, l’Abs, le diavolerie che hanno imborghesito il maschio mezzo di trasporto germanico. Era l’epoca del resto primigenia del fuoristrada, prima della sua metrosessualizzazione: Papa Giovanni Paolo II girava per l’ultima volta in una maschia Fiat Campagnola all’aria aperta, non prevedendo squilibrati turchi che poi portarono jeep più elaborate. Gli inglesi della Land Rover stavano fiutando un diffuso desiderio di riflusso e agi non più campagnoli: arrivavano infatti i soliti anni Ottanta e nasceva così il suv aspirazionale per eccellenza, il o la Range Rover (era anche l’epoca in cui il fuoristrada era lentissimo, pesante, succhia-benzina o equipaggiato con diesel-polmoni).

 

La Mercedes stessa avrebbe creato poi dei Suv più confortevoli. Ma la geländewagen rispetto alle concorrenti è rimasta una scelta esistenziale: come avrebbe scritto la bibbia degli anni Ottanta, AutoCapital, era squadrata come un’architettura Bauhaus, con interni spigolosi e punitivi sottolineati dalla tappezzeria optical bianca e nera, e alzacristalli rigorosamente manuali (mentre la Range Rover puntava sui velluti affluenti e vetri elettrici). Il fuoristrada più chic della storia arrivò allo Scià nel 1979, proprio mentre lo Scià si dava alla fuga e arrivava l’Ayatollah Khomeini (non si sa se si sia goduto la flotta prestigiosa). Sul mercato ininterrottamente da quell’anno, prodotta in oltre trecentomila esemplari, e in due versioni, a due e quattro porte, la classe G è amata soprattutto da servizi segreti, celebrità hollywoodiane, rapper, che non temono di sborsare oltre i centomila euro dei modelli di punta con mostruose cilindrate. Ma i veri puristi cercano piuttosto esemplari d’epoca in buono stato, battendo soprattutto la provincia e la montagna.

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