Da vedere (o rivedere)

Un anno in streaming. Le migliori serie del 2022

Dalla cucina di un giovane chef ai fatti di cronaca e ai delitti. Oltre a racconti distopici e grandi colonne sonore, con la musica di Mick Jagger. Senza dimenticare la quota orientale. Cosa vi siete persi dei dodici mesi appena trascorsi

Gaia Montanaro

La serialità di qualità del 2022 ha ancora e solo due case: HBO e Apple Tv+. Sono infatti queste le realtà che ci hanno fornito i racconti più interessanti di quest’anno, spaziando tra i generi e i linguaggi ma facendo sempre collimare l’alta cura narrativa a una messa in scena impeccabile (e in qualche caso d’avanguardia).


 

The White Lotus

(Sky Atlantic e Now)

 

Sono disponibili due stagioni – entrambe meritevoli di attenzione – di questa serie antologica che ha fatto incetta di premi. L’ultimo capitolo è ambientato a Taormina, in un resort di lusso, dove un gruppo di ospiti variamente equipaggiati soggiornano per una settimana. Tre generazioni di uomini – nonno, padre e figlio – in cerca delle loro origini famigliari locali, due giovani coppie di sposi tra loro antitetiche, una ricca ereditiera americana in vacanza con l’ultimo marito e la sua assistente personale. E poi gli autoctoni: un paio di belle e giovani ragazze che intrattengono variamente gli ospiti, un gruppo variopinto di omosessuali facoltosi che si danno alla vita bella e chic e una responsabile del resort – la molto lodata Sabrina Impacciatore – dai modi severi e rigidi. Completano il quadro: il morto di turno, svariate Teste di Moro e dei titoli di apertura sempre magnifici.

 

The Bear

(Disney +)

 

È stata indubbiamente – e a ragione – una delle serie più apprezzate dell’anno. Indaga un ambiente narrativo non così serialmente abusato (fino a ora) come la cucina, raccontandolo dalla prospettiva di un giovane chef (interpretato da Jeremy Allen White) alle prese con il ristorante di famiglia. Carmy, questo il nome del ragazzo, ha lasciato un futuro brillante in un ristorante di alta cucina a Chicago per tornare a occuparsi della paninoteca di famiglia dopo il suicidio del fratello. Trova un contesto molto diverso da quello a cui era abituato, poche regole e relazioni lavorative e professionali allo sbando. Anche Carmy fa fatica a tenere la barra dritta ma la disciplina culinaria è per lui scuola di vita. Il tutto condito da un ritmo travolgente, il racconto profondo dei legami famigliari e il sacrificio personale che essi, spesso, comportano.

 

The Staircase

(Sky Atlantic)
 

 

È prodotta da HBO questa miniserie in sei episodi con protagonista un eccezionale Colin Farrel alle prese con un caso di cronaca realmente verificatosi. Michael Peterson è uno scrittore di gialli e politico del North Carolina che viene accusato della morte della seconda moglie (Toni Collette) caduta misteriosamente dalle scale e ritrovata in un lago di sangue. La storia segue le vicende – già raccontate in una docuserie Netflix – del processo a Michael e dei segreti personali e famigliari che emergono via via, un puzzle sempre più intricato in cui niente è come sembra e l’ambiguità di Peterson sfoca i confini tra ciò che è possibile e ciò che è davvero accaduto. Tensione, mistero, dramma, alta qualità attoriale e di messa in scena. Un racconto da recuperare.

 

Scissione

(Apple tv +)

 

Meritata quota distopica per questa serie davvero notevole per qualità produttiva e ingegno narrativo. Siamo in una cittadina americana non ben identificata in cui un gruppo di persone lavorano per un’azienda – la Lumon Corporation – che si occupa di analisi dei dati. La peculiarità è che i dipendenti hanno deciso di sottoporsi a un processo di scissione cognitiva tale per cui la propria memoria personale viene divisa tra le ore lavorative e quelle private: quando sono al lavoro non ricordano nulla della loro vita personale e viceversa. Il meccanismo si inceppa quando uno dei dipendenti trova una falla e riesce a trasferire alcune informazioni lavorative nel mondo esterno. La serie, tecnicamente calibrata al millimetro, regge un’ottima tensione interna e grande qualità formale, oltre ad affrontare temi eticamente rilevanti come il valore dei ricordi e dei desideri per la formazione della persona o la questione della spersonalizzazione del lavoro. Ben Stiller ci mette la firma come produttore creativo e regista.

 

Slow Horses

(Apple Tv+)

 

Spy story britannica con un grande Gary Oldman nei panni di Jackson Lamb, alla guida di una sezione distaccata dell’MI5 composta dai reietti delle prime file dei Servizi. Lamb è personaggio atipico, trascurato, cinico, disilluso e alcolista quanto basta. Dovrà occuparsi di un caso che coinvolge un giornalista di estrema destra e gruppi neonazisti. Tratta dai romanzi di Mick Herron, sono disponibili per ora le prime due stagioni. Grandi personaggi, estetica british e la musica di Mick Jagger. What else?

 

Afterlife

(Netflix)

 

È la terza e ultima stagione ma si fa in fretta a recuperare le altre due di questa dramedy/black comedy riuscitissima, scritta, diretta e interpretata da Ricky Gervais. Al centro c’è la vita di Tony, giornalista di un piccolo quotidiano locale che è alle prese con la difficile elaborazione del lutto per la morte dell’amata moglie Lisa. L’uomo tiene tutti alla larga, a colpi di cattiverie, politicamente scorretto e colpi bassi convinto che l’unico modo per tentare di sopravvivere (ammesso che questo interessi davvero) sia dire tutto ciò che passa per la mente. Lo vedremo per tre stagioni combattere tra il desiderio di lasciarsi andare e la presenza di rapporti lavorativi e umani che lo reclamano – variamente – su questa Terra. Finale tra le lacrime e il sorriso, come ogni racconto che si rispetti.

 

Pachinko

(Apple Tv+)

 

C’è una quota orientale in questo 2022 seriale che è davvero degna di nota. Si tratta di una saga famigliare, frutto di un enorme sforzo produttivo e di rara qualità di scrittura, che mette al centro la vita di Sunja, bambina coreana nata agli inizi del Novecento poi trasferitasi in Giappone con il marito e i figli fino a vivere la sua vecchiaia nel Sol Levante attorniata dai nipoti – uno dei quali manager in una banca d’affari a New York durante gli anni Ottanta. Un racconto che copre un arco di settant’anni di storia e che racconta, attraverso i cambiamenti di vita di una famiglia, le enormi evoluzioni sociali e politiche di una nazione. Tratta dal romanzo “La moglie coreana” di Min Jin Lee, Pachinko ha il pregio di essere davvero una narrazione epica, che sa tenere insieme l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo con il consueto tocco poetico che spesso il racconto orientale sa regalare.

 

Landscaper

(Sky Atlantic e Now)
 

 

In quota sperimentazione stilistica è da recuperare una miniserie in quattro episodi ispirata a fatti reali e con protagonisti Olivia Colman e David Thewlis che interpretano Susan e Christopher Edwards, coppia ambigua e sui generis che confessa – dopo quindici anni – di aver ucciso la madre di lei. Muovendosi su due piani temporali, la storia racconta del background sociale e relazionale in cui i due sono cresciuti, dei rispettivi legami famigliari e delle idiosincrasie personali (più o meno grandi) che li connotano. Il tutto con uno stile spiazzante e caleidoscopico che sceglie l’ibridazione dei generi e restituisce un racconto stratificato e conturbante.

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